L’effetto Trump fa crollare le borse americane. Aumenta il rischio recessione

Il tycoon minimizza i rischi dell’incertezza commerciale sui mercati e spinge per una “disintossicazione” nella spesa e nelle assunzioni. Per gli economisti, la fiducia sulle sue promesse elettorali “è sostanzialmente evaporata”

Ieri è stata una giornata nera per i mercati mondiali. Pesano i dazi e la nuova politica fiscale che frena la spesa pubblica. È l’effetto Trump: la guerra commerciale dell’Amministrazione americana ha aggravato le vendite a Wall Street e rinnovato i timori sulla stabilità dell’economia degli Stati Uniti, anche se i consiglieri del presidente minimizzano le nuove turbolenze economiche e sostengono che la volatilità sarà temporanea e che, anzi, i tagli fiscali innescheranno un boom. Domenica, in un’intervista con Maria Bartiromo a “Sunday Morning Futures” di Fox, lo stesso Trump ha elcuso una domanda sulla possibilità che una recessione potesse essere imminente, spaventando ancora di più i mercati. “C’è un periodo di transizione perché quello che stiamo facendo è molto grande”, ha detto. “Quello che devo fare è costruire un paese forte. Non puoi davvero guardare il mercato azionario”.

Secondo il Wsj, il quotidiano conservatore più autorevole d’America che sta conducendo una campagna frondista contro le politiuche del presidente, Wall Street teme che Trump rovini “l’atterraggio morbido” che i responsabili delle politiche economiche degli Stati Uniti volevano raggiungere per ridurre l’inflazione senza una recessione. Dalla nuova Amministrazione arriva invece un messaggio contrario: allacciate le cinture di sicurezza, l’atterraggio sarà duro. Trump e i suoi consiglieri hanno sostenuto che potrebbe essere necessaria una “disintossicazione” nella spesa e nelle assunzioni e che il calo dei valori azionari non è una grande preoccupazione. E hanno avvertito pure che l’inflazione potrebbe aumentare nel breve periodo.

Il secondo mandato trumpiano è stato accolto con fiducia dai mercati. Dopo le elezioni di novembre infatti le azioni sono salite alle stelle, nell’attesa dei tagli fiscali e della massiccia deregulation promessi in campagna elettorale. “Le persone riuscivano a vedere solo il lato positivo di ciò che Trump aveva promesso di fare. Ciò è sostanzialmente evaporato e ora siamo tornati a osservare la recessione”, ha detto Dario Perkins al Wsj, economista presso il GlobalData TS Lombard di Londra.

In questo contesto, l’indifferenza mostrata da Trump e dai suoi consiglieri non aiuta. “Venerdì, pensavo che l’amministrazione fosse preoccupata che le sue politiche rallentassero davvero l’economia” e che stessero cercando di “gettare le basi per la narrazione secondo cui avevano ereditato un’economia in indebolimento”, ha affermato Michael Strain, responsabile degli studi di politica economica presso l’American Enterprise Institute. Mentre “ora, c’è quasi la sensazione che se qualcosa va storto nell’economia, allora va bene”, ha continuato Perkins, secondo cui questo atteggiamento “sta rendendo le persone piuttosto nervose, perché se si arriva al punto in cui si spinge l’economia in recessione, non c’è garanzia che passerà rapidamente”.

I numeri di JPMorgan Chase parlano chiaro: il rischio di una recessione è salito dal 30 al 40 per cento proprio a causa delle “estreme politiche statunitensi”. Tanto che per Strain sembra che l’Amministrazione “stia cercando di testare i limiti della volontà dell’economia di tollerare dazi crescenti. E non sa esattamente dove siano questi limiti”.

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