Personale sottopagato, accoglienza diffusa ridotta, sempre più minori nei centri per adulti, e la trasparenza che scarseggia. La fotografia di Openpolis e Actionaid a due anni dalla tragedia sulle coste calabresi
Due anni fa il governo ha varato il decreto legge n.20, ribattezzato simbolicamente “decreto Cutro”, località calabrese in cui quasi cento migranti il 26 febbraio 2023 hanno perso la vita dopo il naufragio della loro imbarcazione proveniente dalla Turchia.
Il decreto ha messo mano sui sistemi di accoglienza, ritoccato più volte dai due governi Conte. Ma il report 2024 “Accoglienza al collasso” curato da Openpolis e Actionaid segnala come le nuove regole sulle gare di appalto per la fornitura di beni e servizi relativi alla gestione dei centri di accoglienza siano arrivate solo nel marzo 2024. Nel frattempo, nel caos normativo, più di 7 bandi su 10 sono stati assegnati con affidamento diretto, un sistema “foriero di clientelismo e malagestione”.
Le nuove regole varate dal governo hanno portato a nuovi tagli, a cominciare da quelli per gli importi investiti per pagare il personale nei vari tipi di centri. Ma a fronte di questa riorganizzazione al risparmio – rispetto al capitolato Lamorgese del 2021 – si sono incrementate le ore giornaliere trascorse dai diversi operatori all’interno dei centri d’accoglienza. Meno soldi per più lavoro. La contraddizione si deve all’accorpamento di vari servizi – orientamento legale, corsi di lingua italiana, assistenza psicologica – nelle mani di pochi “operatori speciali”, figure “ibride” e con una retribuzione inferiore rispetto a quella di un vero assistente sociale.
Dopo il decreto, si è rilevata una maggiore tendenza a riempire prima le grandi strutture, andando al di là delle loro capacità. Tra il 2022 e il 2023 la capienza dei centri con più di 300 posti è aumentata del 360 per cento (+2.924 posti). Parallelamente si sono ridotti i contratti per l’accoglienza diffusa presso i nuclei famigliari dei residenti nel territorio, segno che l’obiettivo di accogliere i migranti in piccole strutture con un impatto limitato sulle comunità ospitanti e una maggiore capacità di integrazione degli ospiti, “è stato gradualmente abbandonato”.
Nonostante le vecchie lacune del sistema di accoglienza siano rimaste intatte, gli sbarchi nel nostro paese nell’ultimo anno si sono ridotti. Cruscotto statistico alla mano, nel 2024 sono sbarcati 5.623 migranti, contro gli oltre 18 mila del 2023. Nel 2025 siamo poco oltre i 7.700. Numeri ben lontani dai flussi migratori di un decennio fa, ma nonostante i dati siano confortanti, il quadro normativo rimane di tipo emergenziale. Tanto che i centri di accoglienza straordinaria sono ormai la vera ossatura del sistema. Il decreto Cutro ha destinato la prima accoglienza ai soli richiedenti asilo, mentre le strutture di accoglienza e integrazione (Sai, in capo i comuni) sono dedicate ai vulnerabili e ai minori stranieri non accompagnati (Msna). A fine 2023 nel Sai si trovava appena il 22,64 per cento degli ospiti, mentre nel Cas il 73,22 per cento.
Dunque, spiega il rapporto, “dopo Cutro i Cas sono diventati centri accoglienza ordinaria, pur avendo un nome diverso”. In più, il decreto ha previsto che, in assenza di posti Sai, i minori di età non inferiore ai 16 anni possano essere inseriti in una sezione specifica dei centri di accoglienza per adulti per un massimo 150 giorni. Sulla carta è una possibilità dettata dall’emergenza, ma fino al 31 dicembre 2023 si contano 740 Msna inseriti in strutture per adulti. Una prassi che contraddice, inotre, la posizione del Garante per l’infanzia che ha più volte condannato “la promiscuità tra minorenni e adulti” considerata “una condizione molto pericolosa”.
Il report sottolinea anche un altro limite dell’attuale sistema di accoglienza, ovvero la mancanza di informazioni fornite da parte del Viminale da Cutro in poi. È il caso dei “centri temporanei”, nati proprio dal decreto Cutro. “Non prevedono nessun servizio all’infuori di una minima assistenza sanitaria, mediazione linguistica e operatori generici addetti alla distribuzione di beni”, spiega al Foglio Fabrizio Coresi di Actionaid. Di loro si sa pochissimo: “Abbiamo chiesto informazioni al ministero, ma ci ha detto di non rilevare a livello centrale questi centri”. Ne sono stati attivati 5, ma “sono container e tendopoli, non strutture stabili”, prosegue Coresi, fatta eccezione per un centro situato dentro una ex caserma. “Negli ultimi anni il ministero ci sta facendo ostruzionismo”, conclude, “ma d’altra parte non pubblica neanche più la relazione sull’accoglienza prevista per legge. La trasparenza non esiste”.