Ambrogio Mazzai, prete influencer “contro la censura della libertà religiosa”

Ha scatenato polemiche perché si è espresso contro l’aborto e le coppie gay in un incontro con gli studenti di Vercelli. “C’è una cultura che rifiuta di convivere con chi ha un’idea diversa e che sfoggia atteggiamenti violenti e repressivi. Il paradosso è che parla di inclusione”

Fosse stato un pandit, un imam, uno sciamano di Montefiascone, fosse stato Elodie o un pastore avventista nessuno gli avrebbe contestato un’opinione. Don Ambrogio Mazzai però è un prete cattolico e ha scatenato polemiche perché si è espresso contro l’aborto e le coppie gay in un incontro con gli studenti di Vercelli. L’ira di alcuni genitori è coincisa con il Mercoledì delle Ceneri di don Ambrogio, 34 anni, 368 mila follower su TikTok e 98 mila su Instagram, dove con video e post contraddice il “the Word without a word” dell’Ash-Wednesday di T.S. Eliot.

Veronese, sacerdote dal 2016, da ottobre scorso è parroco della chiesa dello Spirito Santo nella sua città e sulle piattaforme sociali interagisce con un linguaggio molto diretto. L’ultimo post visto riguarda i sacerdoti sovrappeso (“anche a Gesù dicevano che era un mangione”, citando Luca 7,34).

Cosa è successo a Vercelli?

Quel Comune mi ha invitato come esperto a un incontro su “temi sociali e comunicazione” con gli studenti di scuole medie e superiori. Al termine ho risposto a libere domande, anche a quelle che esulavano dall’argomento.

Su divorzio, aborto, coppie omosessuali?

Ho diritto di esprimere un’opinione da prete? Se la polemica è montata per attaccare l’amministrazione comunale trovo squallido venire utilizzato come pretesto, perché non faccio politica. Se sono censurato per il mio pensiero lo trovo addirittura scandaloso. Vuol dire che ci sono due pesi e due misure, per cui su alcuni argomenti è accettabile solo un’idea e chi non la condivide non è tollerato. Torniamo a tempi bui.

Ossia?

È fascismo. E io rispondo: viva la libertà religiosa.

C’è stata un’altra polemica nei giorni scorsi, su un tredicenne sanzionato per non aver percorso la scalinata “arcobaleno” in una scuola veronese.

C’è una cultura che rifiuta di convivere con chi ha un’idea diversa e che sfoggia atteggiamenti violenti e repressivi. Il paradosso è che parla di inclusione.

Come nasce un prete influencer?

Per raggiungere un numero più vasto di persone, utilizzando i linguaggi giusti per coinvolgerle. Ma non mi aspettavo un successo così grande.

Spesso si mostra in situazioni quotidiane: va in bici, guida, suona la chitarra.

Bisogna sfatare il concetto che i preti siano figure incantate che non possono dire o fare alcune cose. Siamo persone normali, ci arrabbiamo o siamo tristi come tutti, ma condivido sui social solo piccola parte della giornata. Non racconto le visite agli anziani, le celebrazioni eucaristiche, i funerali in una parrocchia dall’età media molto alta. Una sana stanchezza serale è il segno del tempo speso bene.

Quale fascia d’età prevale tra i suoi follower?

I giovanissimi fino a vent’anni e gli adulti oltre i trentacinque.

Sui social parecchi influencer offrono esempi discutibili.

Figure negative che simulano vite dall’apparenza luccicante. Un ragazzo potrebbe pensare che simili stili offrano uno status migliore e non capirne la finzione.

La preoccupano i “maranza”?

Prosperano sulla forza del gruppo e sul senso di impunità. Non basta la repressione poliziesca, però occorre una certezza della punizione che abbia effetti scoraggianti. Al contempo, gli stessi coetanei sminino certi atteggiamenti con una cultura della legalità per cui quei gesti non siano considerati “fighi” ma vergognosi. Ma mi aspetto che scuole e famiglie facciano di più: la scuola non trasmetta solo nozioni e i genitori ascoltino più i figli.

Se ne fanno sempre meno.

Non è una società che dà fiducia nel futuro, e d’altra parte non tutti sono disposti alle rinunce, sia di tempo sia economiche. Per chi stenta ad arrivare a fine mese non è semplice pensare a un figlio.

La vocazione sacerdotale è un lampo o una luce graduale?

Non si manifesta uguale per tutti. Per me è stata graduale. Frequentavo la scuola, la parrocchia, d’estate lavoravo in cantiere con mio padre. La vocazione è cominciata alle superiori ma sono entrato in seminario senza certezza che sarebbe durata. Invece è andata crescendo, anche dopo che sono diventato prete.

Cosa consiglia a chi è tentato da questo percorso?

Se è davvero la tua vita nessun’altra sarà migliore, ma senza vocazione sarebbe solo sofferenza. Molti avvertono il richiamo ma hanno paura, anche se proveranno sempre un po’ di rammarico per non avere fatto questa scelta.

Nei suoi post ha consigliato per il digiuno di Quaresima di vestirsi bene e mettere il miglior profumo, come per una festa.

Il digiuno non è una rinuncia ostentata né un’occasione di vanto rispetto agli altri cristiani. È un gioioso rapporto col Signore. La fede va vissuta nei risvolti della quotidianità: Gesù partiva dalla vita concreta per spiegare la realtà divina.

Quanto tempo dedica ai social?

Pochi minuti al giorno.

Qual è il programma dei prossimi mesi?

È l’anno giubilare, con molte iniziative diocesane. È per tutti l’occasione di un bilancio di vita. Un tempo i pellegrini si muovevano da lontano per andare a Roma, con viaggi che duravano settimane o mesi e da cui si poteva non tornare. Si lasciavano le occupazioni usuali e si faceva testamento. Un cammino esperienziale propizia il cambiamento, ma anche se raggiungiamo un santuario in bus o in treno approfittiamo dell’opportunità.

A quali santi s’affida?

A san Tommaso d’Aquino e san Giovanni Maria Vianney, patrono dei parroci.

Quali libri oltre alle Scritture?

I romanzi di Dostoevskij, impregnati di sofferenza ma con un gran senso di fede.

Continuerà sui social?

Il giorno in cui non ne avrò voglia arriverà qualcuno più bravo, un sacerdote di nuova generazione.

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