Orizzonti Liberali, Libdem, Nos e Liberal Forum daranno vita al partito Libdem, nel solco dell’agenda Draghi, con l’ambizione di allonanarsi dal modello “fan club personale” di un leader e di dare voce “al pezzo d’Italia che non vuole contribuire con il proprio voto alla realizzazione di un governo Schlein, magari con Maurizio Landini ministro del Lavoro, o di un governo Meloni, magari con Matteo Salvini ministro dell’Interno”
Nascerà l’8 marzo a Roma il partito liberal democratico, partito riformatore che, nel solco dell’esperienza del governo di Mario Draghi, riunirà in un’unica casa politica quattro associazioni convinte della necessità di lavorare in direzione di “un’opzione terza” tra centrodestra e centrosinistra, dopo il fallimento del terzo polo in cui avevano creduto. E dunque, al centro congressi “Roma Eventi” di Via Alibert 5/a, a due passi di Piazza di Spagna, le associazioni Orizzonti Liberali (presieduta dal deputato del gruppo Misto, ex Italia Viva, Luigi Marattin); Libdem (presieduta da Andrea Marcucci, ex senatore dem, uscito dal Pd dopo l’arrivo di Elly Schlein); Nos (fondata da Alessandro Tommasi, già fondatore di Will Media) e Liberal Forum (presieduta da Pietro Ruggi) presenteranno manifesto, policy e strategia di comunicazione del nascituro soggetto politico, procedendo però in modo opposto rispetto al tradizionale percorso di creazione di un partito.
Si illustreranno cioè ai circa mille iscritti all’evento, e a chi vorrà seguire a distanza sui social, il simbolo, il nome, lo statuto, la classe dirigente e le proposte programmatiche. Alla fine dell’iniziativa verrà lanciato il sito e verrà aperto il tesseramento, mentre nel giro di tre mesi, in estate, si celebrerà il primo congresso, con elezione del leader (o della leader) e degli organismi dirigenti. La leadership, in sostanza, sarà “contendibile”, dicono i promotori, e si cercherà di evitare l’effetto “fan club personale attorno a un leader politico con cui il partito viene totalmente identificato”. L’idea di fondo, spiegata negli eventi di preparazione (a fine settembre e poi a novembre, durante la “costituente” libdem a Milano, davanti a duemila iscritti), parte dal capovolgimento dell’assunto “partito di un condottiero” che procede a suon di “chi mi ama mi segua”. Il punto di partenza, spiegato anche nel libro di Marattin “La missione possibile-la costruzione di un partito liberaldemocratico e riformatore” (ed.Rubettino), è quello di un partito che si colloca “orgogliosamente” in posizione autonoma da destra e sinistra. Ma c’è, oggi, uno spazio per questo soggetto? I libdem sono convinti di sì, perché, dicono, il partito sosterrà le cose che destra e sinistra “non vogliono o non possono sostenere”, provvedimenti utili a riavviare un paese eternamente bloccato, dal “taglio della spesa pubblica per finanziare la riduzione di tasse su chi produce” alla “rivoluzione meritocratica, delle pari opportunità, di mercato e concorrenza in ogni settore”, con l’idea di curare il “male assoluto della scarsa crescita della produttività”, avviando al contempo una rivoluzione nella PA, con valutazione delle performance e retribuzioni differenziate, mettendo intanto un paletto agli aumenti nel settore pensionistico, per “riorientare il welfare verso giovani e famiglie” e scardinare la fede cieca nella redistribuzione del reddito in favore della “moltiplicazione di opportunità”.
Il nuovo soggetto nasce, però, in un momento di grande movimento al centro: nel polo di opposizione a sinistra, dove, oltre ad Italia Viva di Matteo Renzi e Azione di Carlo Calenda, si sono attivati i cattolici postprodiani che guardano all’ex direttore delle Agenzie delle Entrate Ernesto Maria Ruffini (ma si è proposto, in area dem, anche il sindaco di Milano Beppe Sala), e nel polo governativo a destra, in area Forza Italia e Noi Moderati. Non ci sarà troppo affollamento? La cosa non spaventa i promotori del nuovo partito libdem, certi che esista in Italia, dicono, in prospettiva e in vista delle politiche del 2027, una domanda di rappresentanza che ruota attorno a una terza possibilità rispetto ai due poli esistenti, specie in un paese in cui il bipolarismo fatica ad attecchire o attecchisce in modalità populistica: “Pensiamo ci sia un pezzo d’Italia che non vuole contribuire con il proprio voto alla realizzazione di un governo Schlein, magari con Maurizio Landini ministro del Lavoro, o di un governo Meloni, magari con Matteo Salvini ministro dell’Interno”, ha detto Marattin lanciando l’evento dell’8 marzo: “Un’Italia che crede ancora a un approccio liberale, democratico, focalizzato sulla crescita, sulla distribuzione delle opportunità, sulla creazione di ricchezza, sulla rivoluzione concorrenziale. Queste cose non le offrono i due poli, quindi c’è bisogno di un’offerta politica che colmi questo gap”.