Il bello deve essere imperfetto

Per Izumi Ogino, notissimo per le sue figure enigmatiche e ultraterrene che fondono elementi umani e spirituali, arte e moda sono molto di più, sinonimi di bellezza assoluta. L’incontro tra raffinatezza giapponese e audacia italiana

Izumi Ogino, che nel 1998 fu la prima stilista giapponese a debuttare alla Settimana della Moda di Milano, ha scelto la collaborazione con un artista anche per la collezione inverno 2025 di Anteprima, il marchio che ha fondato nel 1993. Questa volta, è toccato a Izumi Kato, notissimo per le sue figure enigmatiche e ultraterrene che fondono elementi umani e spirituali. Se negli ultimi anni la moda è diventata sempre più una tela su cui si intrecciano riferimenti artistici e sperimentazioni sartoriali e ogni abito racconta una storia, spesso ispirata ai capolavori della pittura, della scultura o dell’architettura, per Ogino, nata a Tokyo, arte e moda sono molto di più, sinonimi di bellezza assoluta e, spiega, “ogni capo diventa un’espressione di individualità e un tributo alla bellezza che può essere interpretata in modi diversi”. La moda, spiega, “non è solo abbigliamento, ma tocca connessioni, emozioni, bellezza condivisa, che per me è armonia, equilibrio senza sforzo tra forma, funzione ed emozione. È qualcosa che tocca l’anima, che rimane nella memoria non per la sua perfezione, ma per la sua profondità e sincerità. La vera bellezza non riguarda solo l’estetica, ma il sentimento che evoca”.

Un concetto che parte da valori fondamentali che rimangono costanti: eleganza senza tempo, artigianato raffinato e un’armonia tra design e funzionalità. “Soprattutto uno stile che trascende mode effimere, che unisce armoniosamente raffinatezza e modernità. Ritengo che la bellezza debba apparire naturale, mai forzata, e scaturisca da un profondo rispetto, un’attenzione meticolosa ai dettagli e un apprezzamento per la finezza. Nel mio lavoro la bellezza non consiste nell’eccesso, ma nel raggiungere un equilibrio delicato tra sofisticazione e semplicità”. Le differenze tra quella italiana e quella giapponese sono importanti. “La bellezza italiana è audace ed espressiva, un inno alla fiducia in sé. Si manifesta in una sensualità naturale, nell’uso vibrante di colori, texture e forme, ed è intrinsecamente legata alla passione e al piacere della vita. Quella giapponese, invece, è più discreta, fondata sulla sobrietà e sull’imperfezione. Il concetto di wabi-sabi, trovare armonia nell’imperfetto, ne è il cuore, valorizzando dettagli delicati, toni smorzati ed eleganza sottile. Se la bellezza italiana è presenza, quella giapponese è sfumatura. Entrambi i paesi hanno una lunga e ricca storia culturale, con una vasta eredità artistica, architettonica e musicale”. Una tradizionale sensibilità estetica non chiara, però. “Wabi-sabi, affondando le sue radici nel Buddhismo Zen, riconosce tre semplici realtà o segni dell’esistenza, ovvero che niente è eterno, tutte le cose sono imperfette e tutte le cose sono incomplete”. Quindi, dove trae ispirazione la bellezza giapponese? “Nasce dall’armonia tra natura, tradizione e scorrere del tempo. Il mutare delle stagioni, la quiete di un giardino zen, la maestria di un kimono, ogni elemento riflette un rispetto profondo per le forme organiche e l’impermanenza. È una bellezza radicata nella storia e nel rito, che si svela nei gesti più semplici: nella luce che filtra attraverso la carta shoji o nell’eleganza dell’ikebana”. Si può azzardare che bellezza e la creatività vadano di pari passo. “Assolutamente. La creatività è la capacità di vedere la bellezza nell’imprevisto e di tradurla in qualcosa di tangibile. Che si tratti di progettare una collezione o curare un’atmosfera, la creatività permette alla bellezza di prendere forma e di essere condivisa con il mondo. Per me, sono inseparabili, la creatività è il linguaggio attraverso cui si esprime la bellezza”. Senza dubbio, la storia di un paese plasma il suo concetto di bellezza.

“Sì, la storia è intrecciata nell’identità estetica di un paese. La lunga storia giapponese di artigianato, minimalismo e spiritualità influenza la sua bellezza silenziosa e raffinata. Nel frattempo, l’eredità del Rinascimento italiano, le tradizioni artistiche ricche e la passione per la vita plasmano la sua bellezza dinamica ed espressiva. La bellezza è sempre in evoluzione, ma porta dentro di sé l’essenza del passato”. L’esperienza in Italia ha influenzato la sua creatività? “Sì, profondamente. L’Italia mi ha insegnato a celebrare la femminilità con fiducia. Amo il modo in cui la cultura italiana esalta la bellezza nella vita quotidiana, dal modo di vestire all’apprezzamento per l’arte, il cibo e l’architettura. Questo ha plasmato il mio senso del colore, delle proporzioni e il mio approccio al design, sempre in equilibrio tra eleganza e funzionalità. L’incontro tra la raffinatezza giapponese e l’audacia italiana è l’essenza dell’estetica della mia linea. Una delle sfide più grandi è stata fondere culture e estetiche uniche, la meticolosa ricerca giapponese della qualità e dell’artigianalità nei dettagli, insieme all’audace innovazione italiana, alla passione e all’amore per la vita. Abbiamo anche designer francesi e fabbriche cinesi, e riunire un team con un background culturale così diversificato per raggiungere i miei obiettivi è davvero sfidante”.

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