Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa
Al direttore – Elly Schlein è favorevole alla difesa europea, ma contraria al riarmo dell’Europa. E’ come se dicesse – e in questo caso non lo dice – che è favorevole a un sistema sanitario più efficace, ma contraria a un aumento della sua spesa (ovviamente in entrambi i settori è auspicabile una spesa più efficiente). Misteri della politica e, in primo luogo, della logica.
Michele Magno
Ieri il premier spagnolo Pedro Sánchez, un progressista, ha affermato che “è il momento di proteggere l’Europa”, ha detto che “è il momento di metterci la faccia per l’Europa, anche da parte del mondo delle imprese, se vogliamo un’Europa che protegga i più vulnerabili, i nostri giovani, gli anziani, l’ambiente, l’agricoltura, e le imprese”. Nelle stesse ore, un ex presidente del Consiglio di centrosinistra, Paolo Gentiloni, ha detto che “il piano von der Leyen è un primo passo, penso che vada nella direzione giusta, e le cose di cui stiamo parlando von der Leyen le ha annunciate dopo il taglio degli aiuti militari americani all’Ucraina, le ha annunciate mentre le borse andavano giù per le guerre dei dazi, ed è chiaro che può essere migliorato, però nelle ore difficili che stiamo attraversando penso che sia un segnale che va nella direzione giusta, poi vedremo”. Nelle stesse ore, i socialisti europei hanno detto quanto segue: “La sicurezza dell’Europa richiede investimenti immediati, sostanziali e congiunti. Il piano ReArm Europe è un punto di partenza, non un traguardo. Abbiamo bisogno di nuovi finanziamenti dedicati alla difesa europea, rafforzando la nostra industria e salvaguardando al contempo il nostro benessere sociale. Questa è l’unica strada per un’Europa sicura e un sostegno duraturo all’Ucraina”. Oppure Schlein.
Al direttore – “Ebree ed ebrei italiani dicono No alla pulizia etnica a Gaza” recita un appello, pubblicato a pagamento su Repubblica e Manifesto, seguono oltre 200 firme. L’appello ha raccolto il plauso della deputata Pd Laura Boldrini e del presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, già senatore coi Comunisti italiani, partito che oltre 20 anni fa aveva al proprio congresso mostrato immagini della Shoah affiancate ai soldati israeliani, perché il paragone tra Israele e nazismo è vecchio, almeno dagli anni Sessanta, e non ha avuto bisogno della guerra a Gaza. Sbaglia però chi pensa che questo appello voglia influenzare quanto succede in Israele o a Gaza o a Gerico, Jenin o Nablus. Lo sanno per primi gli stessi firmatari. Questo appello serve solo a chi lo ha firmato a poter dire “io non c’entro nulla con Israele, io sono buono”. E di conseguenza sta anche dicendo che gli altri ebrei, che la pensano diversamente o che decidono di non firmare, sono cattivi. Lo confida implicitamente nelle prime righe del suo intervento, sugli Stati generali, uno dei promotori, Simon Levis Sullam, ordinario di Storia all’Università Ca’ Foscari di Venezia, quando spiega che ha firmato per una questione “identitaria”. Come mi hanno detto alcuni firmatari, non vogliono che quanto succeda in Israele sia fatto a loro nome e vogliono farlo sapere al mondo. Sebbene sia ovvio che gli ebrei italiani non abbiano alcuna responsabilità per quanto decide di fare il governo israeliano e sebbene sia fermamente convinto che Israele non stia attuando una pulizia etnica e tantomeno un genocidio, io li capisco. Affrontano le difficoltà che affrontiamo tutti noi che non viviamo nella bolla di un ambiente solo ebraico. Nonostante il continuo sostegno di pochi cari amici e nonostante la vicinanza che in molti hanno espresso sabato 7 ottobre e anche il primo giorno lavorativo, lunedì 9 ottobre 2023, da allora le cose sono cambiate. Quando va bene, ed è molto raro, colleghi, compagni di scuola e conoscenti ti dicono “mi piacciono gli ebrei, ma sono arrabbiato con Israele”. Per lo più percepisci la freddezza, il non chiederti nulla pur sapendo che una parte della famiglia vive in Israele. Colleghi, amici e conoscenti non vogliono sapere come stai in quanto ebreo in questo periodo storico o come stanno i tuoi amici e parenti, né sono interessati a conoscere magari un punto di vista differente, ma vogliono sapere come ti schieri. Come se l’opinione, cioè un semplice pensiero, rappresenti una colpa di per sé. I firmatari allora cercano di salvarsi realizzando una lista di proscrizione al contrario, accettando la logica del reato d’opinione, illudendosi di non ritrovarsi a breve giro di nuovo sul banco degli imputati. Sebbene i firmatari abbiano tentato di minimizzare, il fatto che l’appello sia stato pubblicato proprio nel giorno dei funerali dei Bibas non è un caso. Semplicemente, come mi hanno confidato, i firmatari avrebbero voluto pubblicarlo giorni prima, ma hanno dovuto raccogliere i soldi per comprare le pagine pubblicitarie e non si sono accorti della macabra coincidenza. E proprio questo è significativo. I firmatari guardavano il proprio ombelico e non hanno potuto vedere cosa succedeva nel mondo.
Yasha Reibman