Nel caos del Vecchio Mondo che va in frantumi, la crociata anti Trump ringalluzzisce tutta la nostra meglio gioventù, da D’Alema a Dacia Maraini. Anti-imperialisti mai sfiorati dall’imperialismo sovietico ci spiegano i rischi delle autocrazie
“Gianni da Torino ci scrive: basta essere servi degli Usa, via tutte la basi dall’Italia”. La conduttrice concorda. Yankee go home! Non sono passate neanche ventiquattro ore dai “cinque minuti che hanno sconvolto il mondo” ma a Radio3 sono già usciti dalla Nato. E anche se qui semmai è l’America che ci molla al nostro destino, con il gran casino che ne segue, c’è euforia nell’aria. Finalmente si può dire. Anzi l’ha detto D’Alema per tutti: “Avete visto? Facevamo bene negli anni Settanta a essere antiamericani. Che l’imperialismo Usa fosse una barbarie lo gridavamo da giovani e il video di Trump su Gaza dà ragione alla nostra giovinezza”. Back to the old days! Anche Dacia Maraini sente tornare lo spirito del ‘68, anche Jane Fonda sfodera il pugno ai Sag Awards, come ai tempi di Ho-Chi-Minh. Si aprono le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti.
Anche queste maledette Big Tech della Silicon Valley cos’altro sono se non le solite, vecchie, sporche multinazionali di una volta? Avevamo ragione su tutto, altroché! Certo, si sta con l’Europa anche se non si sa bene cosa sia. Si sta con l’Ucraina senza tentennamenti. Ma ecco un altro danno del trumpismo: tutti quelli che nel Novecento avevano torto ora ci impartiscono lezioni di democrazia, libertà, occidente. Lettori di Marx, ex-fan di Fidel Castro, amici del Venezuela, antiimperialisti mai sfiorati dall’imperialismo sovietico che ci spiegano i rischi delle autocrazie. Anche questo ci tocca.
Nel caos del Vecchio Mondo che va in frantumi, la crociata anti Trump ringalluzzisce tutta la nostra meglio gioventù. Non si ricordano manifestazioni contro la Russia, né all’epoca dell’Afghanistan, né tre anni fa, e anche ora si va in piazza contro Putin solo dopo la scena vergognosa di Trump. Molta eccitazione per la manifestazione proposta da Michele Serra. Torna la Repubblica di lotta, piattaforma delle piazze, epicentro della resistenza democratica. Una piazza “per dire sì all’Europa” (ma non l’avevamo già detto?). Parola ai lettori di Rep: “Per cominciare, si potrebbe diffondere l’inno alla gioia alle finestre, tutti allo stesso orario”. “Perché non proporre una domenica mattina, prima dell’estate, perché poi molta gente va in vacanza” scrive un’insegnante in pensione. Non troppo presto però, prima devo portare fuori il cane. L’importante è che sia “senza colori politici, credenze religiose e provenienza” solo bandiere europee (se non ce l’avete la trovate su Amazon a nove euro e novanta). Sarà un grande raduno per la libertà. Solo un fascista cattivo potrebbe tirarsi indietro. Dovrei scendere in piazza anche io per difendere l’Ucraina marciando insieme a quelli che volevano uscire dalla Nato, ai sindaci che lisciano il pelo a Hamas, agli intellettuali che blaterano di genocidio, a quelli che si indignano di più per Trump su Gaza che per gli show di Hamas (un formidabile esempio del principio di realtà smarrito da quarant’anni dalla sinistra che passa sopra le bare usate come trofeo ma evoca “l’abiezione” per un video trash fatto con l’IA: a furia di ripetere che tutto è “un costrutto sociale” è inevitabile si prendano sul serio solo le stronzate).
Tutti vogliamo il rilancio dell’Europa. Poi però facciamo la guerra all’innovazione, demonizziamo la tecnologia, sui social ecco gli stessi discorsi sulla televisione di trent’anni fa: oscurare tutto per il bene della democrazia. Andare in piazza per l’Europa. Andare in piazza per l’Ucraina. Ma senza il sermone antiamericano, come se Kyiv l’avesse bombardata Trump. Vediamo se ci si riesce. Sarebbe una gran bella notizia.