Dal Veneto alla Lombardia i dazi del presidente americano spaventano gli amministratori . E il malessere cresce
Salvini ha un nuovo slogan: Trump first. A Zaia che gli dice che “l’Ue deve rispondere unita” ai dazi del presidente americano, risponde che: “Chi ha paura di Trump ha paura del futuro” e che i dazi vanno concordati “con rapporti bilaterali” con gli Usa perché “se mettiamo il nostro futuro in mano a Macron ci suicidiamo”. Mentre il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari – che in una confessione riportata dal Giornale aveva detto: “Il 90 per cento di noi non condivide la politica estera di Salvini. Trump ci farà male” – è costretto a smentire in tempi record. E ora, fanno sapere da Via Bellerio, rischia il suo posto. Dal Veneto alla Lombardia la base ribolle. Ma il segretario va avanti. Chi ieri lo ha incontrato racconta che il suo umore non fosse proprio dei migliori. Ma il segretario leghista non rincula davanti al partito che si agita per la sua passionaccia trumpiana. Anzi. Rilancia colpo su colpo. Fa diramare note fotocopia a mezzo stato maggiore leghista – dal capo dei giovani leghisti Luca Toccabili al capogruppo al Senato Massimiliano Romeo – per lodare i suoi successi nella sicurezza nelle ferrovie: “Numeri record, stazioni più sicure, bravo capo!”, è il refrain.
Salvini dunque mostra i muscoli e ostenta un sostegno che però comincia a scricchiolare. Dal Veneto alla Lombardia la base mugugna sempre più forte. Trump, Ponte sullo Stretto, Autonomia differenziata nel pantano, strette di mano al premier isreaeliano Benjamin Netanyahu. Dalla politica estera a quella interna in tanti dubitano ormai delle scelte strategiche del segretario. Salvini è accerchiato. E la scelta di sostenere senza se e senza ma, in maniera completamente acritica, The Donald rischia di diventare la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso. “Che Molinari li abbia riferiti o meno al Giornale, quelli sono pensieri condivisi da tutti nella lega lombarda. Pensate che gli altri abbiano un’opinione diversa? Chi può pensare che andare dietro a Trump possa essere una mossa intelligente?”, dice l’ex l’ex segretario lombardo Paolo Grimoldi che dopo aver lasciato la Lega ha fondato il suo Patto per il nord che fino a poco tempo fa contava anche tanti tesserati leghisti con cui parla regolarmente. Ora però, per una decisione voluta da Salvini, il doppio tesseramento è vietato, ma Grimoldi non ha di certo interrotto le sue frequentazioni. “Le regioni produttive del paese – dice ancora – hanno bisogno di un’Europa aperta e competitiva con la quale lavorare e collaborare, mentre Salvini stringe alleanze ed elogia chi vuole imporci i dazi e isolarci, come Trump. Che Molinari smentisca o no cambia poco. Non esiste una persona capace di intendere e volere dentro la galassia della Lega Salvini premier che non capisca che se domani si mettesse segretario Zaia, o chiunque altro, il partito avrebbe guadagnato il tre per cento in un istante. Solo che Salvini non vuole mollare il posto e fa un congresso con più delegati dalla Calabria che dalle regioni del nord”. Grimoldi per eleganza non lo riporta, ma in Lombardia alla smentita di Molinari – che i fedelissimi di Salvini descrivono come un malmostoso che non ha mai digerito di non essere stato nominato presidente della Camera perché il segretario gli preferì Lorenzo Fontana – non crede quasi nessuno. “Che le abbia detto o no al Giornale una cosa è certa: sono settimane che nelle conversazioni private ripete questi ragionamenti su Trump e sul suicidio politico di aver scelto di allearci con i fascisti invece che con il Ppe”, confessa un leghista lombardo che preferisce non essere citato per nome.
E d’altronde che qualcosa in Lombardia non stesse andando proprio per il meglio lo si era capito già sabato scorso. Quando – come riportato in un informatissimo articolo della versione locale del Corriere – si sono visti a Bergamo, alla presenza di Salvini, ben 448 segretari lombardi su 475. Molti sindaci e amministratori locali. E’ stata una fila di lamentele senza precedenti. “Stiamo perdendo identità e stiamo perdendo il sogno”. “Non si tessera più nessuno”, “nessuno vuol fare più i gazebo”. “E ancora direttamente verso il segretario: “Nel calcio quando la squadra va male si cambia l’allenatore, ma in politica a quanto pare non succede”. Alla fine Salvini ha deciso di anticipare il suo intervento e andare via prima, giustificandosi con la presenza di sua figlia “in auto a fare i compiti”.
Cambi regione, ma non cambiano i dolori. In Veneto su dazi e Trump nessuno crede a Salvini. L’economia regionale non se lo può permettere. Per questo, seguendo il verbo di Luca Zaia, chiedono di agire insieme alla Ue sui dazi. “Oggi Bruxelles purtroppo è fragile, questo è un dato di fatto”, spiega al Foglio Alberto Villanova, capogruppo del Doge in Consiglio regionale. “Proveniamo da una lunga fase di pesante debolezza comunitaria: da autonomista veneto dispiace constatarlo”. E però questo non significa buttarsi a pesce fra le braccia dell’estrema destra, come sembra fare Matteo Salvini. “Le dichiarazioni di Trump ci fanno stare sull’attenti: non vanno sottovalutate, né prese alla lettera. È logico che se ci saranno dei dazi contro la nostra manifattura e agricoltura, danneggiando cittadini e imprese, il Veneto reagirà con massima fermezza. Allo stesso tempo va considerato che l’approccio dialettico di Trump è dirompente, ma tra il dire e il fare c’è differenza. Aspettiamo e vediamo”. Anche sulle sorti dell’Ucraina. “Mi auguro che l’incontro con Zelensky sia foriero di un accordo giusto: è fuori discussione che ogni processo di tregua o pace non può prescindere dal ruolo attivo di Kyiv e dell’Unione europea”.
Questo gli amici all’estero di Salvini non lo dicono, anzi. “Il tema delle alleanze con i partiti di estrema destra nazionalista è problematico”, rincara la dose Roberto Marcato, assessore combattente. “Sono l’antitesi di noi federalisti: siccome la Lega ha questa matrice culturale, post-ideologica, antifascista, né di destra né di sinistra, è un ossimoro pensare di stare insieme a certa gente”. Checché ne pensi Via Bellerio. “E poi su Trump. Ricordiamoci che non fa i nostri interessi, ma quelli degli Stati Uniti, che insieme alla Cina e a Putin si spartiscono il nuovo mondo mentre l’Europa sta a guardare”. Da qui l’appello comunitario. “Dobbiamo costruire un’Unione vera, pragmatica, incisiva. Forse siamo già fuori tempo massimo. Ma di sicuro coinvolgere i sovranisti è l’ultima delle buone idee”.