C’è nel museo una sezione curata da due espertissimi storici quali Roberto Chiarini e Elena Pala. Testi e giornali dell’epoca, volantini, foto, poster promozionali dell’una e dell’altra sponda di quegli italiani che si scontrarono fra il ’43 e il ’45, gli anni dell’ultimo fascismo
Resto tuttora convinto che nel Novecento e per quanto riguarda l’Italia, “l’uomo del secolo” sia stato Benito Mussolini con tutta la sua sciagurata avventura politica. E del resto lo testimonia l’interesse a tutt’oggi molto vivo per quella tragedia. Le puntate della seguitissima serie televisiva “M”, i quattro volumi (ma diverranno cinque) della biografia di Mussolini che sta apprestando Antonio Scurati, la bellissima “giornata particolare” che alla “marcia su Roma” ha dedicato di recente Aldo Cazzullo su La7.
Ecco perché, non fosse che in questo momento le mie gambe funzionano male e fatico a trascorrere da una stanza all’altra, ci andrei di corsa a spiare quel che mette in mostra il Museo di Salò nella sezione inaugurata nel settembre 2023 da due espertissimi storici quali Roberto Chiarini e Elena Pala. Testi editi in poche copie, giornali dell’epoca, volantini, foto, poster promozionali dell’una e dell’altra sponda di quegli italiani che si scontrarono furiosamente nel tempo che va dall’armistizio dell’8 settembre 1943 con cui noi uscimmo dalla guerra che stavamo perdendo assieme ai tedeschi sino alla Liberazione del 25 aprile 1945.
E per fortuna che c’è un gran bel catalogo, L’ultimo fascismo. 1943-1945. La Repubblica sociale italiana, curato ovviamente da Chiarini e Pala, che te lo sbatte in faccia quel che è contenuto nel museo. E c’è da rabbrividire. Da anni quel catalogo lo apro, lo sfoglio, lo perlustro, lo chiudo. Serve a non farmi dimenticare quel che vissero i nostri padri l’altro ieri. Mio padre era stato fascista ed era conosciuto come tale. I partigiani lo avessero intercettato nella Firenze del luglio/agosto 1944 dove vivevamo, lui non ne sarebbe uscito vivo.
Non esiste odio peggiore di quello da cui furono imbrattati gli anni italiani della guerra civile, e senza dire che nei mesi immediatamente successivi alla fine della guerra la rivalsa degli antifascisti sui “vinti” non conobbe la parola pietas. Chi ha letto qualcuno dei libri di Giampaolo Pansa sa di che cosa sto parlando. C’è tra voi chi ricorda immagini più atroci di quelle dei cadaveri che penzolavano a Piazzale Loreto? Anzi no, mi sto sbagliando. Una foto agghiacciante (che non avevo mai visto) è alle pagine 176-177 del catalogo di cui sto dicendo. E’ la foto di un mucchio di cadaveri in borghese stesi l’uno accanto all’altro, foto che funge da antefatto di Piazzale Loreto. A Milano un attentato (che i partigiani milanesi non hanno mai rivendicato) aveva colpito e ferito dei militi fascisti e tedeschi. Per tutta risposta il 10 agosto 1944 i militi della legione “Ettore Muti” raccolsero a come veniva veniva quindici antifascisti detenuti a San Vittore (nessuno dei quali imputato di azioni gravi), li trascinarono a Piazzale Loreto e li fucilarono.
Oltretutto quelli di Salò furono gli anni peggiori del fascismo. A cominciare dal fatto che l’antisemitismo più sfrenato, che era stato del tutto marginale nell’avventura mussoliniana almeno fino alle putride leggi razziali del 1938, divenne un motore propulsore della propaganda dei fascisti di Salò, i quali in nessun modo attenuarono la furia antiebraica dei nazi che avevano nel frattempo occupato la metà centro-settentrionale della penisola.
Gli ebrei in Italia in quel momento erano poco meno di 50 mila. Col manifesto programmatico di Verona del novembre 1943 vengono dichiarati “stranieri” con tutte le conseguenze del caso. In un modo o in un altro in 35 mila riuscirono a sfuggire alla persecuzione. Gli ebrei arrestati durante Salò furono 7.800, di cui in un modo o in un altro 6.200 persero la vita. Quanto agli italiani che al momento dell’armistizio indossavano la divisa dell’esercito italiano o che furono chiamati a indossare la divisa dell’esercito di Salò, in moltissimi si diedero renitenti. Laddove il governo di Salò sperava di che costituire almeno quattro divisioni da lanciare sui campi di battaglia. In tutto e per tutto aderirono a Salò circa 94 mila uomini, la cui gran parte non torna a combattere e bensì viene impiegata come forza ausiliaria nel presiedere aeroporti e ferrovie. In data 18 febbraio 1944 il Duce emana un decreto in base al quale chi non si presenterà alla chiamata alle armi verrà immediatamente fucilato.