A scuola di islam. Cronache dalle classi italiane

Quella cattolica esiste soltanto nei romanzi. Quella nuova in Italia è sempre più multiculti e accetta veli, preghiere e digiuni

“Nascere maschio è una malattia incurabile” si legge ne “La scuola cattolica”, che esiste soltanto nel romanzo di Edoardo Albinati. La nuova scuola è multiculturale, dove nascere femmina può essere una malattia che si cura con i veli. Bambine in niqab a scuola. In Arabia Saudita? No. Il principe ereditario non lo permetterebbe. A Monfalcone si fa in nome dell’“inclusione”. Per questo in Francia Emmanuel Macron ha messo al bando l’abaya a scuola. Le Parisien rivela che l’abito islamico è sempre più presente nelle scuole pubbliche. In un liceo di Lione, una ragazza dice: “Su trenta ragazze, sedici-diciotto indossano l’abaya”. “Gli abiti islamici stanno proliferando nelle scuole francesi come un’epidemia” scrive l’Opinion. Gli studenti musulmani di una scuola media sono esentati dal seguire le lezioni sulla Divina Commedia. Accade al Felissent di Treviso. Per loro, l’insegnante ha organizzato un “programma alternativo” dedicato a Boccaccio (non sapeva evidentemente che ora esiste una edizione olandese di Dante senza Maometto che brucia all’Inferno, basterebbe farla anche in Italia).

Per il secondo anno consecutivo, il Ramadan fa chiudere una scuola nel Milanese, a Pioltello. Ma già nel 2001 un istituto scolastico di Cuneo, il Somigliano, decise di mandare a casa tutti i quattrocento alunni in occasione del Ramadan. Poi è successo a Cagliari. E poi a San Gimignano. E poi si è perso il conto.

A Soresina, nel cremonese, una scuola ha chiesto di “evitare il consumo di cibo e bevande in luoghi pubblici all’interno della scuola durante le ore di digiuno del Ramadan”. Non solo. La preside scrive ai docenti: “Vi incoraggio a dimostrare sensibilità culturale e religiosa durante il Ramadan e a rispettare le pratiche religiose; alcuni studenti potrebbero essere affetti dalla riduzione dell’energia dovuta al digiuno, siate comprensivi”. Intanto in alcune scuole compariva una sorta di “ministero della Promozione della virtù e della Repressione del vizio”. A Modena, una studentessa aveva deciso, in accordo con la famiglia, di non indossare più il velo. Voleva vivere in modo “più occidentale” e per questo è stata picchiata da alcune coetanee islamiche all’uscita di scuola.

Come è successo alla tredicenne Samara, picchiata all’uscita della scuola media Rimbaud di Montpellier. “Samara si trucca un po’ – ha dichiarato la madre della ragazza – E questa ragazzina che l’ha aggredita ha il velo. La chiamavano kouffar (miscredente). Mia figlia si veste in stile europeo. Ci sono stati insulti, come kahba (puttana)”. A Bologna, una studentessa è stata rapata a zero dalla famiglia, in questo caso sono loro che non volevano che si togliesse il velo. Anche a Udine, picchiata dalla madre perché non portava il velo islamico. “Ti brucio i capelli”.

Inclusiva, dicevamo. Così, al Bachelet di Abbiategrasso, durante i corsi di arabo, hanno organizzato il “laboratorio di hijab” allo scopo di “favorire l’integrazione”. Spiega il preside: “Le ragazze italiane hanno chiesto alle loro coetanee arabe di vedere come si indossa”. Intanto in una scuola primaria di Torino, il Parini, alcuni crocifissi sono stato gettati dalla finestra da un gruppo di studenti. Si tratta di un “istituto multiculturale”. Inclusione forzata, in questo caso. Il preside ha detto: “Bisogna capire quali fossero le motivazioni, se una bravata o un’inquietudine”. E’ la stessa scuola che un anno fa ha accolto gli imam per una discussione sull’“educazione in contesti multiculturali” e per la cena di rottura del digiuno Iftar. Nulla di inquietante.

Al Don Milani di Calenzano, vicino a Firenze, i genitori hanno ottenuto dalla preside l’esonero dalla mensa durante il Ramadan. Digiuno da acqua e cibo a dieci anni (tranquilli, l’imam di Firenze ha detto che “sono i bambini spesso a voler digiunare”). Anche questo sarà “dialogo fra le religioni”. E finalmente, visto che la scuola non è più cattolica. Nelle scuole di Biella, oltre alla Bibbia, si legge il Corano.

La preside di una scuola di San Felice sul Panaro (Modena) ha organizzato corsi di arabo e cultura islamica. “Cattedra di arabo” anche al Galilei di Milano. Nelle scuole di Lodi, anziché introdurre l’halal a mensa, via direttamente tutta la carne di maiale. Così nelle scuole della Martesana milanese. In una scuola di Reggello una studentessa si è messa le cuffie per non sentire la lezione di musica. Così a Forlì una scuola ha annullato una lezione di musica. Haram, Boko Haram. Stessa polemica in una scuola di Torino. E come la mettiamo con i disegni di cani “impuri”? A Monfalcone, sempre lei, in una prima elementare una insegnante voleva far disegnare l’immagine di un cane. Un bambino musulmano si è opposto e la classe ha cambiato esercizio. Inclusione.

Nelle scuole di Carpi esonero dalle lezioni di nuoto. Ancora non hanno scoperto la magia del burkini. A Pordenone, oltre al niqab indossato a scuola dalle bambine di quinta elementare, non vanno bene le lezioni di educazione fisica, come in alcune scuole di Treviso. Almeno si facciano velate. E nelle scuole di Varese non va bene neanche il minuto di silenzio per le vittime del terrorismo.

Il preside di un liceo di Savona ha chiesto agli studenti di evitare “abiti troppo disinvolti”. “Invito le studentesse a sorvegliare il loro abbigliamento, riflettendo sul fatto che, in un contesto multiculturale come quello in cui siamo, abbigliamenti troppo disinvolti rischiano di offendere sensibilità di altre culture che hanno ormai pieno diritto ad essere rispettate”, ha scritto il preside. La prima a dare il là fu la scuola di Pocking, Baviera. A Bolzano ci sono i consigli alle scuole di evitare gite durante il Ramadan e di tenere lezioni di nuoto separate. A Isernia, niente recita scolastica.

“Gonne troppo corte, camicie o camicette sottili”: indesiderabili in un asilo a Penzing, a Vienna. Lo rivela il Krone, il giornale più venduto del paese. La direttrice dell’asilo vuole che le dipendenti indossino abiti pudichi. Uno studente di liceo viennese voleva leggere un brano della Bibbia nell’ambito di una lezione, ma l’insegnante ha rifiutato, avrebbe “offeso i musulmani”. La madre di una bambina di prima elementare racconta: “A Pasqua non è stato proiettato nessun film sulla festa cristiana. Per il Ramadan era in programma un documentario sull’Eid”.

La grande scuola multiculti in Europa procede secondo programma. La Neue Zürcher Zeitung ha un reportage da brivido dalla Svizzera: “Il trucco è haram! Gli studenti circondano un insegnante a Berna, recitano preghiere e gridano ‘Allahu Akbar’. A due bambine di nove anni che si sono truccate per carnevale è detto che truccarsi è ‘haram’. Un insegnante viene interrotto dalle grida di ‘haram’ durante un canto di Natale. I ragazzi si rifiutano di recitare a teatro con le ragazze”.

“Lezioni obbligatorie di arabo per gli studenti”. Tutti gli studenti dovranno imparare la lingua araba a Lovanio, in Belgio. Secondo il preside, serve a dimostrare che la scuola è “aperta a tutti”. “Presto un Califfato belga”, commenta Fadila Maaroufi. Islamofoba malpensante, anche se araba. La scuola è cattolica e fu fondata dai monaci nel 1843. E poi l’ex ministro ecologista belga Alain Maron non ha detto che “l’islam è per l’uguaglianza tra uomini e donne”?

La preside inglese Katharine Birbalsingh è stata costretta a vietare le preghiere musulmane nella sua scuola dopo che gli insegnanti hanno subito aggressioni. La dirigente scolastica è finita davanti all’Alta Corte. Birbalsingh ha deciso di interrompere i rituali dopo “violenza, intimidazione e spaventose molestie nei confronti dei nostri insegnanti”. La scuola Meeuwse Acker di Nijmegen, Olanda, ha inviato una comunicazione agli studenti informandoli che sotto Ramadan durante il tragitto in autobus non è inclusivo bere o mangiare. Basta riferimenti cristiani per la festa di Santa Lucia nelle scuole di Umea, in Svezia. E se un asilo in Austria ha cancellato la festa di San Martino per sostituirla con una “Festa della Luna e delle Stelle”, in Finlandia una scuola di Uusima ha annullato un concerto del “Messiah” di Handel “per timore che i temi religiosi potessero offendere alcuni studenti”.

Il preside di scuola austriaco Christian Klar ha appena raccontato in un libro la sua esperienza in una scuola nel distretto viennese di Floridsdorf. In un caso, uno studente ha dovuto affrontare minacce da parte dei compagni di classe dopo aver “insultato Maometto”. Altri incidenti includono “la distruzione di un crocifisso e di una Bibbia. L’islam sta cambiando la nostra società in modi che non vogliamo”. Sbagliato: più di uno lo vuole.

In una scuola in Alta Austria una maestra ha fatto quello che aveva sempre fatto durante la settimana della Pasqua: portare in classe una manciata di fronde di palma, di quelle che si distribuiscono nelle chiese la Domenica delle Palme. Il padre di un musulmano si è lamentato con il preside, che invece di difendere l’insegnante l’ha castigata e annullato tutte le attività che “turbavano” quell’unico studente musulmano.

La gita nella scuola a Vorarlberg, in Austria, si è svolta in una moschea. E in Italia? Moschea anche per le scuole di Mantova e di Ravenna. Come la gita che ha coinvolto ottanta alunni delle elementari di Molinella nel Bolognese. Se in Liguria è scoppiata la polemica per la carne halal nelle mense (a Bologna è servita dal 2023), a Bordeaux, la città di Montaigne e Montesquieu, le scuole medie offrono pasti esclusivamente halal. La preside di un liceo di Drammen, in Norvegia, non voleva che gli studenti musulmani lasciassero la classe per pregare. Si è scusata quando diversi di loro hanno reagito violentemente e così è stata minacciata di morte. “Non va bene lasciare le lezioni o arrivare in ritardo per questo motivo”, aveva scritto. Ha cancellato il post dopo due ore. Sul social è pubblicato un appuntamento per “linciare” la preside. La polizia ha dovuto essere presente per proteggerla. In Germania non va meglio.

“E’ un evento spaventoso che ha avuto luogo nel bel mezzo della Germania” scrive la Bild. “Diversi studenti dell’istituto Nordstadt di Neuss si comportano in modo visibilmente diverso. Gli studenti hanno notato compagni di classe riuniti nel cortile della scuola per una preghiera islamica. Alcuni studenti non musulmani si sono convertiti all’islam. Il gruppo ha poi chiesto che a scuola e durante le lezioni di nuoto si svolgano eventi separati per genere. ‘Durante le lezioni si vedeva come cambiava la disposizione dei posti nelle classi’, racconta uno studente. ‘Gli studenti erano seduti separatamente per sesso, con i ragazzi seduti davanti alla classe e le ragazze relegate in fondo’”.

Quando alcune scuole inglesi decisero di evitare di insegnare la Shoah, il presidente della comunità ebraica di Roma, Leone Paserman, disse: “Si è assunto un atteggiamento di acquiescenza verso la cultura musulmana. Si crede che in questo modo si possa comprare la non belligeranza dei fondamentalisti islamici”.

E allora, oltre che inclusiva, la scuola multiculti deve essere pragmatica, di resa in resa. Così il preside di un liceo tecnico di Firenze, il Marco Polo, ha offerto agli studenti islamici un’aula per raccogliersi in preghiera. I difensori della laicità? A stendere tappetini. Sia mai che la scuola torni cattolica.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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