Invece di parlare di Transizione 5.0 e fare un salutare esercizio di verità, il minbistro Urso minimizza i ventitré mesi consecutivi di calo delle imprese. Ed è un problema
Ieri il ministro Adolfo Urso rispondendo al question time della Camera ha voluto minimizzare i termini della crisi industriale che attanaglia il paese. E per farlo ha confrontato il calo della produzione industriale italiana con analoghi riscontri tedeschi e francesi. Aggiungendo che i successi recenti dell’export ci hanno consentito di creare negli ultimi due anni quasi un milione di posti di lavoro. Conclusione: l’Italia è resiliente e di conseguenza ci stiamo preoccupando senza un vero motivo. Siamo tafazziani. Ma è davvero così? Le voci che hanno fatto seguito ai disarmanti dati sulla produzione industriale della scorsa settimana – compresa quella di una Confindustria finora rimasta molto cauta – segnalano solo una tempesta in un bicchiere? E perché il massimo responsabile politico dell’Industria sceglie un posizionamento di questo tipo? La crisi industriale italiana non è riassumibile nelle difficoltà di qualche settore (automotive, abbigliamento-moda, elettrodomestici), anzi è l’esatto contrario visto che solo l’alimentare continua a rimanere in territorio positivo. E del resto basta volgere lo sguardo ai dati della cassa integrazione per avere una conferma della profondità e dell’estensione della crisi.
Urso avrebbe potuto parlare di Transizione 5.0 e spiegare a tutti noi come il provvedimento-principe della politica di innovazione sia finito in un cul de sac. Avrebbe potuto spiegare perché l’Ires premiale fa rimpiangere l’Ace cancellata dal governo nella legge di Bilancio e rischia così di essere una misura-orpello. Avrebbe dovuto affrontare il tema del calo della produttività che affligge sia la manifattura sia i servizi. Insomma da lui ci si sarebbe aspettato un salutare esercizio di verità, non della propaganda a buon mercato. La Confindustria, scottata dai magri risultati portati a casa con la manovra, chiede ora un piano triennale straordinario di rilancio dell’industria. Cosa ne pensa il ministro Urso? Oppure per lui Emanuele Orsini è diventato improvvisamente un allarmista?