Storie d’amori complessi, quando la vita s’esprime nei suoi tanti colori. Un libro

Uomini e donne quali l’intera famiglia di Thomas Mann, Curzio Malaparte, il poeta e cantante Leonard Cohen, Peggy Guggenheim, Gertrude Stein. Li racconta Elena Stancanelli in “Ti bacio il cuore”

Quanto dolore e quanto amore nelle storie di uomini e donne che si erano incontrati nell’Europa oppure negli Usa del Novecento, storie che Elena Stancanelli ha raccolto e raccontato in questo suo ultimo, breve, densissimo libro (“Ti bacio il cuore“, Electa, 2025). Storie d’amore o meglio di amori, e talvolta assai complessi. Ossia della vita nei suoi tantissimi colori, e quando nel leggerle passi da un capitolo all’altro è come se dovessi fare dei salti mortali, trascorrere da un “cuore” a un altro che funziona in modo diversissimo quando non opposto. Storie di uomini che proiettano il loro desiderio su altri uomini oltre che su una donna. e che di questi guazzabugli scrivono poi nei loro libri o magari nelle loro canzoni. Uomini e donne quali l’intera famiglia di Thomas Mann, Curzio Malaparte, il poeta e cantante Leonard Cohen, Peggy Guggenheim, Gertrude Stein.


E anche se la storia più bruciante e drammatica del libro della Stancanelli è quella dove sono l’una accanto all’altro l’attrice americana Jean Seberg (nata nel 1938) e lo scrittore lituano ed eroe di guerra Romain Gary (nato nel 1914) . Non so quante altre attrici nella storia del cinema abbiano avuto su noi spettatori un impatto travolgente quanto lo ebbe la Seberg nel famosissimo “Fino all’ultimo respiro”, il film d’esordio di Jean-Luc Godard. Quanto a Gary, è l’unico scrittore in lingua francese ad avere vinto due volte il Premio Goncourt oltre che essere stato un valorosissimo pilota d’aereo da combattimento durante la Seconda guerra mondiale. La Seberg aveva 41 anni quando la trovarono rannicchiata nella sua auto, dove si era uccisa a forza di pillole. Gary eva 66 anni quando si uccise con un colpo di pistola alla testa. Lasciò scritto che il suo suicidio non aveva alcun rapporto con quello della ex moglie.

Storie che a volerle tenere in pugno non ti bastano due mani. Né a volerle raccontare – come pure ha fatto la Stancanelli – ti basta il linguaggio più corrente nella materia, quello che si avvale di parole quali “fidanzamento”, “abbandono”, “tradimento”, perché quelle storie sono più grandi di questo vocabolario. Più difficili, più impervie da intendere. “Le stelle non servono più: spegnetele una a una / smontate il sole e imballate la luna; / strappate le selve e scolate tutto il mare. / Nessun piacere potrà mai tornare”. Lo aveva scritto uno dei più grandi poeti del Novecento, l’inglese Wystan Hugh Auden. Uno che se ne intendeva in fatto di incontri umani che da un momento all’altro si arrovesciavano nel loro contrario. Storie tutte dove la morte e la vita sedevano vicine, vicinissime. Edith Piaf era innamoratissima del pugile francese Marcel Cerdan, che era andato a combattere negli Usa per il titolo di campione del mondo. Da Parigi lo supplicò di tornare il più presto possibile. Lui prese il primo aereo per la Francia che aveva a portata di mano, benché il maltempo sconsigliasse di volare in quelle condizioni. L’aereo andò a sbattere contro la montagnola di un’isola nelle Azzorre.

Elena Stancanelli aveva debuttato da scrittrice con un pregevole romanzo pubblicato da Einaudi nel 1998, Benzina, un’opera di cui mi accorsi subito tanto da chiedere a un amico comune di far venire Elena a cena a casa mia. Più che un’amica lei divenne più tardi un membro della mia famiglia, perché mi aveva portato in dono una setter cucciolotta di tre mesi, Bibi, che per 16 anni e fino alla sua morte è stata per me quale una figlia. E difatti una sua sorellina gemella, Jio, Elena a tutt’oggi non la molla un istante mentre va per la città. Credo sia la presenza più importante della sua vita, una vita dove l’irrequietezza va a braccetto con l’eclettismo intellettuale. In questi ultimi anni ha scritto altri due romanzi ma anche la sceneggiatura di due film. Di certo è una donna convinta di sé stessa che non ha mai pronunziato invano la parola “patriarcato” né altra consimile stupidaggine. A solo pronunziarle queste parole, mai e poi mai sarebbe venuto fuori un così bel libro.

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