Il risvolto più paradossale, soprattutto dopo che si è tanto parlato di una “internazionale della destra”, è che il protezionismo di Trump colpisce i suoi più stretti alleati politici nel mondo
Si pensava che Donald Trump dovesse usare l’arma dei dazi soprattutto contro i paesi nemici degli Stati Uniti, in primo luogo la Cina o i suoi alleati nel continente americano come il Venezuela. In realtà, le prime tariffe del 25 per cento annunciate dal presidente degli Stati Uniti sono state indirizzate principalmente contro storici alleati come il Messico e il Canada, che per ora hanno ottenuto solo una sospensione. Il prossimo obiettivo dichiarato è l’Europa, il blocco più importante dell’alleanza occidentale. Ma il risvolto più paradossale – soprattutto dopo che si è tanto parlato di una “internazionale della destra” – è che il protezionismo di Trump colpisce i suoi più stretti alleati politici nel mondo: Javier Milei in Argentina, Giorgia Meloni in Italia, Pierre Poilievre in Canada, María Corina Machado ed Edmundo González in Venezuela.
Nel suo primo anno di governo Javier Milei è riuscito, con successo e mantenendo consensi elevati, a raddrizzare una situazione che pareva irrecuperabile: recessione, deficit fiscale cronico, inflazione fuori controllo e default in arrivo. Il presidente dell’Argentina ha portato il bilancio in pareggio con un duro aggiustamento fiscale, stroncato l’inflazione, ridotto la povertà. I prossimi passi sono aumentare le riserve, rimuovere il controllo dei capitali e tornare sui mercati. Il problema dei dazi di Trump è che, seppur non diretti a Buenos Aires, avranno un effetto inflazionistico negli Usa, spingendo la Federal reserve a una politica monetaria più restrittiva per contenere l’aumento dei prezzi e questo, di conseguenza, rafforza il dollaro e peggiora le condizioni finanziarie nei paesi emergenti come l’Argentina. Un ostacolo in più per il piano di stabilizzazione macroeconomica di Milei.
L’Italia rappresenta con la Germania l’80 per cento del deficit commerciale degli Usa nei confronti dell’Ue. Per quanto si possa pensare che il rapporto politico di Meloni con Trump possa “salvare” le produzioni italiane, l’effetto dei dazi non potrà che essere negativo dato che l’industria italiana è subfornitrice di quella tedesca (si pensi solo all’automotive, che vale circa 30 miliardi di surplus Ue verso gli Usa). Non c’è modo per l’Italia di non essere colpita e questo è particolarmente dannoso in una fase in cui il pil è fermo e la componente estera dà un apporto positivo alla crescita. La premier spesso loda l’industria italiana e sa perfettamente che la nostra manifattura è, in buona parte, composta da imprese esportatrici integrate nelle filiere internazionali, che sarebbero inevitabilmente colpite dalla svolta protezionistica americana.
Il caso di Poilievre, invece, è tutto politico. Il leader conservatore, ritenuto vicino a Trump, fino a poco tempo fa era il sicuro vincitore delle prossime elezioni canadesi, con un largo vantaggio sul partito liberale (di sinistra) del dimissionario Justin Trudeau. Ma prima la dichiarazione di Trump di voler annettere il Canada e poi i dazi, insieme all’ingresso nell’arena politica dell’ex banchiere centrale Mark Carney tra le file dei liberali, hanno riaperto una partita che sembrava chiusa. Tanto che Poilievre ha preso le distanze da Trump, dichiarando anche che l’economia canadese deve rendersi meno dipendente dagli Stati Uniti.
E politico è anche lo schiaffo che la Casa Bianca sta dando all’opposizione venezuelana. L’accordo col dittatore Nicolás Maduro per il rimpatrio dei migranti non solo si gioca sulla pelle di persone che, almeno in parte, sono fuggite negli Usa proprio per scappare dalla dittatura socialista, ma offre al regime una nuova legittimazione dopo la clamorosa frode elettorale, facendone un interlocutore diretto di Washington. Non solo: i dazi energetici contro il Canada (il principale esportatore di petrolio negli Usa), se confermati, daranno un vantaggio competitivo al greggio di Caracas, su cui non sono stati annunciati dazi, facendo affluire dollari nelle casse di Maduro.
“Dagli amici mi guardi Dio, che dai nemici mi guardo io” dice un vecchio proverbio. Nel caso di Trump, i suoi amici politici non possono permettersi di delegare ad altri questo compito.