Per Trump sono le politiche inclusive ad aver causato il disastro aereo a Washington

L’incidente all’aeroporto nazionale Ronald Reagan è la prima vera crisi della nuova Amministrazione Trump, e i danni del disinformatore in chief si vedono già

Il presidente americano Donald Trump ha accusato le politiche sull’inclusione promosse dalle precedenti Amministrazioni di Obama e Biden di essere la causa dell’incidente aereo avvenuto l’altro ieri sera davanti all’aeroporto nazionale Ronald Reagan di Washington. Trump è andato in conferenza stampa mentre i soccorritori continuavano a estrarre le vittime dalle acque ghiacciate del leggendario fiume Potomac, uno dei simboli della storia americana che ieri si è trasformato in un luogo tetro, di rottami e lampeggianti, morte e sofferenza. Attorno alle nove di sera di mercoledì, un aereo commerciale proveniente da Wichita, in Kansas, e un Black Hawk dell’esercito degli Stati Uniti in volo per un’esercitazione si sono scontrati a mezz’aria proprio mentre l’aereo stava iniziando le manovre per l’atterraggio all’aeroporto Reagan. Già nelle prime ore dopo l’incidente, gli investigatori hanno capito che non ci sarebbero stati sopravvissuti fra i 60 passeggeri del volo American Eagle 5342, i quattro membri dell’equipaggio e i tre soldati dell’elicottero. Dopo l’esplosione e l’avvio delle operazione di soccorso è iniziato il rito delle indagini, della ricerca delle responsabilità fra piloti e controllori di volo, dell’esclusione delle cause esterne (per esempio, un cyber attacco), perché ogni incidente è anche, tragicamente, una lezione per i voli successivi. Ma la presenza sull’aereo di alcuni cittadini russi, tra i quali due famosi pattinatori sul ghiaccio, ha anche dato il via al solito elenco di teorie del complotto.

Più di ogni altro evento catastrofico, il disastro aereo fa riaffiorare anche nell’uomo dell’intelligenza artificiale le paure più irrazionali – volare su un autobus dei cieli affidando la propria vita alla responsabilità di un solo uomo – alla quale si somma, in America più che altrove, la rievocazione di un ricordo persistente di terrore. E’ il terreno perfetto per le teorie del complotto che si fondano sulla paura, sul mistero, sull’incomprensione, e sulle strampalate teorie che i disinformatori professionisti diffondono online. Ma è pure il terreno perfetto per la semplificazione comunicativa di Trump, che quasi sempre sui social network si traduce in complotto politico, e quasi mai corroborato da prove o fatti. Durante la conferenza stampa, il presidente americano ha detto di essere già in contatto con le autorità del Cremlino per far tornare in Russia i resti dei passeggeri russi – tra i quali i campioni del mondo di pattinaggio artistico del 1994, Evgenia Shishkova e Vadim Naumov, e alcuni cittadini russi rimasti anonimi anche dopo la conferma del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. Un segnale di apertura e di dialogo con Putin. E poi se l’è presa con Obama, Biden e l’ex segretario ai Trasporti Pete Buttigieg, colpevoli, secondo lui, di aver abbassato gli standard di qualità dei controllori di volo in favore delle politiche per l’inclusività. Anche il vicepresidente J. D. Vance subito dopo ha detto che centinaia di persone hanno fatto causa al governo perché “avrebbero voluto essere controllori del traffico aereo, ma sono stati respinti a causa del colore della loro pelle”. David E. Sanger del New York Times ha scritto ieri che “l’accusa immediata alle politiche sull’inclusività riflette il suo istinto di inquadrare immediatamente gli eventi importanti attraverso la sua lente politica o ideologica, non importa se i fatti combacino o meno”. Anche il mese scorso, dopo l’attacco terroristico a New Orleans, Trump aveva dato la colpa all’immigrazione illegale anche se l’aggressore era un cittadino americano nato in Texas.



Per il presidente americano insediato da poco più di dieci giorni l’incidente aereo a Washington è la prima crisi imprevista della sua nuova Amministrazione, e la comunicazione è stata politicizzata e aggressiva. Ma è funzionale, perché insiste sulla rabbia degli americani e con il “buonsenso” che rivendica – un “buonsenso” però irresponsabile e caotico. Poco dopo l’incidente, il presidente ha scritto sul suo social Truth che “l’aereo era su una linea di avvicinamento perfetta e di routine all’aeroporto. L’elicottero stava andando dritto verso l’aereo per un lungo periodo di tempo. E’ una NOTTE SERENA, le luci dell’aereo erano accese, perché l’elicottero non è salito o sceso, o non ha virato? Perché la torre di controllo non ha detto all’elicottero cosa fare invece di chiedere se avevano visto l’aereo? Questa è una brutta situazione che sembra che avrebbe dovuto essere evitata. NON VA BENE!!!”. E’ un’affermazione che potrebbe fare un utente qualunque su Facebook, un utente che non conosce le procedure di pilotaggio di un Black Hawk, né quelle di un Bombardier CRJ700 – il tipo di aereo dei voli regionali dell’American Airlines – né i compiti dei controllori di volo. Il segretario alla Difesa Pete Hegseth è stato costretto a dire pubblicamente che i piloti dell’elicottero dell’Esercito avevano esperienza. Ma nel frattempo il presidente Trump aveva già dato il via libera alla mobilitazione dell’armata di complottisti.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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