Interpellati dal Foglio, diversi pm criticano l’indagine del procuratore di Roma sul caso Almasri: “Non esiste alcun atto dovuto. Altrimenti saremmo meri passacarte delle denunce anche più fantasiose presentate dai cittadini contro i membri del governo”
Quindici righe, in cui vengono formulate due ipotesi di reato in relazione al mancato arresto (e poi al rimpatrio in Libia) di Almasri e in cui si rimanda alla lettura di articoli di stampa allegati. In questo consiste l’esposto presentato dall’avvocato Li Gotti, che per il procuratore di Roma Francesco Lo Voi è stato sufficiente per iscrivere nel registro degli indagati la premier Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi e il sottosegretario Mantovano, e poi procedere alla trasmissione del fascicolo al Tribunale dei ministri. Quindici righe e una rassegna stampa. Informato dal Foglio della consistenza dell’esposto, il capo di un’importante procura del nord scoppia a ridere, incredulo. Poi spiega che non si può parlare affatto di “atto dovuto”, altrimenti “i procuratori diventerebbero meri passacarte delle denunce anche più fantasiose presentate dai cittadini contro i membri del governo”. D’altronde, la logica porta alla stessa conclusione: fosse così, chiunque potrebbe denunciare un ministro e costringere un pm a indagarlo. Con il risultato che il governo sarebbe sempre sotto indagine.
Nel tentativo di chiarire (anche con una certa aria di superiorità) le ragioni dell’iniziativa del procuratore Lo Voi, l’Associazione nazionale magistrati, vari esponenti dell’opposizione e diversi giuristi improvvisati del web hanno fatto riferimento alla legge costituzionale n. 1 del 1989, che disciplina le procedure per i reati commessi dai membri del governo. E’ stato ricordato l’articolo 6, secondo cui il procuratore della Repubblica, una volta ricevuta la denuncia “omette ogni indagine” ed “entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti” al tribunale dei ministri, “dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati”. Nell’omissione di ogni indagine risiederebbe la ragione dell’“atto dovuto”.
Questa procedura, però, riguarda la fase successiva a quella ben più importante in cui il pm deve valutare se quanto rappresentato in una denuncia è del tutto privo di rilevanza penale o costituisce una notizia di reato. Nel primo caso il pm dovrà iscrivere l’informazione nel registro degli atti non costituenti reato (il cosiddetto modello 45). In alternativa dovrà utilizzare il “registro delle notizie di reato”, scegliendo tra l’iscrizione a carico di soggetti noti (il cosiddetto modello 21) o quella a carico di soggetti ignoti (il modello 44). E’ proprio nel modello 45 che finiscono le migliaia di denunce che ogni giorno vengono presentate e che appaiono subito a prima vista come inattendibili, prive di rilevanza penale, se non mere illazioni o tentativi di colpire qualcuno sul piano giudiziario.
Ora, pensare che un esposto di quindici righe con rimando alla rassegna stampa sia sufficiente per iscrivere nel registro degli indagati i vertici del governo appare veramente paradossale. Persino un altro magistrato, che per anni ha prestato servizio alla procura di Roma, al Foglio confida tutte le sue perplessità per l’iniziativa di Lo Voi: “Di fronte a un esposto così carente, il procuratore avrebbe potuto ritenere tranquillamente che non si fosse in presenza di una notizia di reato e quindi annotare l’esposto al modello 45. In questo caso avrebbe poi anche potuto direttamente archiviare l’esposto, senza dover passare per il Tribunale dei ministri”.
“In alternativa – prosegue il pm – il procuratore Lo Voi avrebbe potuto iscrivere l’esposto nel registro delle notizie di reato, quindi trasmettere gli atti al Tribunale dei ministri ma chiedere contestualmente l’archiviazione, evitando di alimentare polemiche”. “In ogni caso, si tratta di un procedimento che si chiuderà sicuramente con l’archiviazione”, afferma il pm in maniera convinta.
Insomma, la storia dell’“atto dovuto” non sta in piedi. Cosa ha spinto quindi Lo Voi ad adottare una decisione così drastica? Qui si entra ovviamente nel campo delle speculazioni. Si potrebbe ricordare, però, che proprio quella di Roma è la procura che per decenni – almeno fino a martedì – è stata considerata “salvifica” per i procedimenti penali che riguardano il governo. E’ la procura a cui la ministra Santanchè vorrebbe che sia trasferito per competenza il processo sulla truffa Inps a suo carico. E’ la procura che nel maggio 2023 chiese l’archiviazione dell’indagine per rivelazione di segreto d’ufficio nei confronti del sottosegretario Delmastro per il caso Cospito, salvo poi ricevere dal gip l’ordine di imputazione coatta. Come se non bastasse, è noto che Lo Voi è da sempre esponente di spicco di Magistratura indipendente, la corrente togata ritenuta più vicina al governo.
Allo stesso tempo, però, in queste ore c’è chi dà risalto alle voci di presunte tensioni tra Lo Voi e Palazzo Chigi per la decisione presa dal governo di revocare al procuratore la possibilità di usare voli di stato per ragioni di sicurezza legate al suo ruolo. C’è chi sospetta poi il coinvolgimento di Lo Voi nella fuga di notizie (che ha fatto infuriare il governo) che due settimane fa ha riguardato il contenuto dell’audizione di Cecilia Sala compiuta dai Carabinieri del Ros subito dopo il rientro della giornalista in Italia all’aeroporto di Ciampino. C’è chi infine si spinge a immaginare che l’iniziativa del procuratore romano si inserisca nell’ambito della reazione della magistratura contro la riforma della giustizia voluta dal governo. Restano i dubbi, tanti, sui motivi di un’iniziativa così radicale.