Ma io quasi quasi

La recensione del libro di Michele Bitossi, Accento, 192 pp., 16 euro

Tutto in una settimana, una lunga corsa, un lungo respiro da prendere e una scadenza da raggiungere e saldare, la data è quella del prossimo giovedì. E’ un passo ritmato quello dell’esordio nella narrativa di Michele Bitossi, già musicista, songwriter e autore del podcast sul tifo calcistico “Prendo la sciarpa e vengo da te” per RaiPlay Sound. Ora con il romanzo Ma io quasi quasi (Accento editore) offre una voce sicura che mischia urgenze a ricordi, necessità a inevitabili malinconie. Il movimento di Ma io quasi quasi vive infatti di un lento, ma inesorabile, rallentamento. Più la scadenza si avvicina e più Riccardo, il protagonista, sembra riuscire ad allentare la morsa sulla propria vita e su di sé. Il passaggio è quello del disincanto, ma anche il rifiuto di un cinismo indotto dai tempi e dalle delusioni. Un dolore difficile da digerire che porta con sé tutta l’esistenza di Riccardo in un gorgo, l’unica via d’uscita è aspettare e spalmarsi accuratamente le proprie mani di crema Nivea e balsamo. Lo sguardo di Bitossi si sofferma con cura e dolcezza sulle piccole interferenze quotidiane, un uomo con una borsa Ikea, un Pocket coffee da scartare, un bicchiere di Prosecco, un concerto e la Champions league. Tutto può essere utile a riprendere fiato capovolgendo i termini di un’ansia che prevede – indotta da un sensato quanto violento realismo – che tutto possa solo andare male. Genova la cornice, da quella del G8 2001 rimasta immutabile e dolente e famigerata a quella quasi ignota dell’oggi, nel mezzo solo cattivi presagi e un’ansia montante difficile da moderare o quantomeno da tenere a bada. Ma io quasi quasi è un romanzo lento che si riappropria di un tempo vissuto con una frenesia drammatica per il domani, un incontrollabile futuro che si fa più carico di inquietudine e rischi che di possibilità e occasioni. In quel “quasi quasi” vive invece la possibilità di un respiro, una consapevole presa di distanza da scadenze e impegni e un riflessione che non risulta mai didascalica, ma pienamente parte di una narrazione ironica e godibile. Un esordio che conquista il lettore pagina dopo pagina e che ha il sapore di un letteratura italiana del secondo Novecento che vive, seppur in un romanzo, il gusto del racconto, dell’episodio breve. Bitossi offre uno sguardo originale a una decadenza a tratti deprimente e lo fa con l’allegria di un tempo che per quanto limitato e limitante resta da vivere anche nella forma sussurrata e accecata di una gioia comunque irreprimibile.

Ma io quasi quasi


Michele Bitossi


Accento, 192 pp., 16 euro

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