I media occidentali sono stati al gioco della narrazione dei terroristi palestinesi. Dei trentatre ostaggi da liberare nella prima fase, sette donne in vita sono stati liberate tra domenica 19 e sabato 25 gennaio, diciotto sono vivi, otto sono morti
I parenti delle quattro ragazze israeliane rilasciate sabato, Naama Levy, Daniella Gilboa, Karina Ariev e Liri Albag, hanno cominciato a condividere alcune storie della loro prigionia a Gaza. Naama è rimasta sola in un tunnel per mesi. Quando è emersa, ha chiesto agli altri ostaggi: “Siamo vivi?”. Sussurrava. Daniella ha ancora un proiettile conficcato nella gamba. “A volte mangiavano uno o due pezzi di pita al giorno”, hanno raccontato i familiari. Dormivano su materassi e studiavano arabo. A Emily Damari mancano due dita. Nelle ultime settimane, Hamas aveva iniziato a nutrirle di più in previsione dell’accordo di cessate il fuoco e del macabro spettacolo a favore delle telecamere di al Jazeera e sotto lo striscione “il sionismo non vincerà”.
E i media occidentali sono stati al gioco. Hanno riferito che gli ostaggi indossavano le uniformi con cui sono state catturate: falso, erano ancora in pigiama la mattina del 7 ottobre. Anche la Bbc ha trasmesso la scena da Gaza City. Ma da Londra hanno interrotto uno dei loro corrispondenti in medio oriente a metà trasmissione. Il conduttore in studio parlava della straziante esperienza degli ostaggi e del “momento difficile” che devono aver vissuto, quando l’inviato della Bbc, Sebastian Usher, ha detto quanto sembrassero “in buona salute”.
Troppo, anche per la “zietta” non certo nota per la sua politica filo israeliana e che ha trasmesso in diretta anche il discorso integrale dell’ayatollah Khamenei. Non diversa la cronaca dell’inviata di Sky, Flavia Cappellini: “Verranno condotti esami medici, ma le abbiamo viste camminare con le proprie gambe su quel palco, i primi rapporti arrivata dalla Croce Rossa sono assolutamente buoni, bisognerà vedere a livello psicologico queste ragazze come si troveranno dopo quindici mesi di prigionia. Anche i palestinesi rilasciati oggi avranno altrettante cure mediche, soprattutto perché la settimana scorsa quando ci trovavamo a Betunya, molti di questi prigionieri ci avevano raccontato di abusi e torture nelle carceri (israeliane)”.
Ecco: Hamas ha trattato bene gli ostaggi, “le ragazze che possono rimanere incinte” come le chiamarono i terroristi nel video del 7 ottobre, mentre i prigionieri palestinesi forse sono stati torturati nelle carceri israeliane.
I terroristi palestinesi
Gli stessi terroristi palestinesi che nelle carceri israeliane ricevono tre pasti al giorno e si dedicano ad attività ricreative e sportive da una a tre ore al giorno, che possono usufruire della tv via cavo (con una scelta di programmi in varie lingue), tavoli da ping pong, campetti da basket, istruzione e stipendi mensili che variano a seconda di quanto sia efferato il crimine? Più è odioso il crimine, ovvero più ebrei hai ucciso, più alto è lo stipendio versato dall’Autorità nazionale palestinese con i soldi degli aiuti ricevuti dai donatori europei. Ma per i nostri media, sono stati “torturati”.
Il New York Times del 26 gennaio definitiva “attivisti” i terroristi della Jihad islamica scarcerati da Israele nell’ambito dell’accordo. A cosa serve al Aqsa tv? Su FranceInfo, la radio pubblica francese, si parla invece di “ostaggi palestinesi”. Su Radio24, nella trasmissione di Alessandro Milan, un ospite ha elogiato lo stato di salute degli ostaggi israeliani e accusato Israele di aver costruito una “propaganda” per giustificare l’operazione militare a Gaza.
E pazienza se la Croce Rossa, che ha visitato gli ostaggi americani nell’ambasciata statunitense occupata in Iran nel 1979 e che ha fornito cibo e assistenza medica agli ostaggi giapponesi rapiti dalle forze della guerriglia in Perù, per 473 giorni il massimo che ha fatto per gli ostaggi israeliani a Gaza è stato fungere da servizio taxi al momento del loro rilascio in cambio di centinaia di terroristi.
Israele ha ricevuto nella tarda serata di domenica la lista degli ostaggi che Hamas avrebbe dovuto inviare sabato scorso, con dettagli sulle condizioni dei ventisei nomi ancora da liberare nella prima fase dell’accordo, che è più un ricatto. Dei trentatre ostaggi da liberare nella prima fase, sette donne in vita sono stati liberate tra domenica 19 e sabato 25 gennaio. Secondo la lista di Hamas, dei ventisei nomi rimanenti da liberare nella prima parte dell’accordo, diciotto sono vivi, otto sono morti.
Ma anche loro, tutto sommato, potrebbero passarsela peggio.