Il Consiglio dei ministri solleva la questione di legittimità costituzionale per la legge che ostacola eolico e solare sull’isola guidata da M5s, Pd e Avs. Intanto la presidente della regione fa ricorso contro la sua decadenza, su cui il Consiglio regionale non ha ancora votato
La guerra della Sardegna alle rinnovabili passerà al vaglio della Corte costituzionale. Ieri il Consiglio dei ministri ha impugnato la legge approvata dal Consiglio regionale sardo lo scorso dicembre, che introduce nuovi e più restrittivi vincoli per installare impianti rinnovabili, blindando di fatto il territorio dell’isola con effetto retroattivo. Il governo aveva tempo fino lunedì per impugnare la legge, la stessa scadenza che pendeva sulla presidente Alessandra Todde, che sempre ieri ha presentato ricorso contro la sua decadenza per le irregolarità contestate nei conti della campagna elettorale.
La legge che ha lasciato solo l’un per cento di territorio libero per i nuovi impianti di eolico e solare, secondo Palazzo Chigi eccede le competenze statutarie e si pone in contrasto con la normativa statale ed europea, violando l’articolo 117 della Costituzione. L’altro punto sollevato è che alcune disposizioni violano la certezza del diritto, del legittimo affidamento e della libertà di iniziativa economica. Un aspetto critico della legge, infatti, è che i nuovi criteri non si applicano solo per le nuove richieste, ma riguardano anche gli impianti che hanno ottenuto tutti i permessi necessari e non sono ancora installati. Una cornice interamente contestata in questi mesi dalle imprese della filiera industriale dell’energia elettrica.
La corsa a ostacoli per tutte le rinnovabili tranne l’autoconsumo, in Sardegna è iniziata dopo l’insediamento di Todde, la presidente del M5s in maggioranza con Pd e Avs, i tre partiti che più hanno investito nei loro programmi politici sull’energia green. L’eccezione sarda invece ha fatto sì che già in campagna elettorale Todde sostenesse la necessità di limitare le nuove installazioni, assecondando le proteste dei molti comitati attivi sull’isola “contro la speculazione dei capitalisti dell’energia”. La legge impugnata ieri dal governo, a proposito, non introduce solo criteri ambientali che sommati tra loro vietano quasi l’intero territorio dell’isola, ma anche garanzie finanziarie a carico di chi vuole proporre nuovi progetti che possono arrivare fino al doppio del valore dell’impianto.
Già ad agosto il governo Meloni aveva impugnato la moratoria di 18 mesi approvata dalla giunta appena insediata, dentro cui il Pd ha due assessorati chiave all’Ambiente e all’Industria. La Corte costituzionale non si è ancora espressa e nel frattempo la regione ha approvato la legge sulle aree idonee, la prima tra le altre regioni, che ora rischia di essere dichiarata illegittima.
Una sorte simile a quella che potrebbe toccare il governo dell’isola. Ieri Todde ha impugnato l’ordinanza con cui è stata dichiarata decaduta dal collegio regionale di garanzia elettorale, che le ha contestato irregolarità nella rendicontazione delle spese elettorali sostenute durante la campagna per la presidenza del 2024. Sulla decadenza dovrebbe esprimersi il Consiglio, che però al momento ha in calendario solo l’inizio della discussione. La presidente sarà in Aula lunedì 3 febbraio per riferire sulla vicenda, sperando in una sospensiva che consenta di evitare il voto dei consiglieri regionali.