Le milizie ribelli congolesi del Movimento 23 marzo, sostenute dal Ruanda, hanno annunciato di aver preso il controllo della città più importante del Nord Kivu, nell’est della Repubblica democratica del Congo. Macron intensifica i contatti “per una de-escalation”, ma la Francia resta cauta
Parigi. Al culmine di un’offensiva militare durata diverse settimane, le milizie ribelli congolesi del Movimento 23 marzo (M23), sostenute dal Ruanda, hanno annunciato di aver preso il controllo di Goma, nell’est della Repubblica democratica del Congo (Rdc). “Esortiamo tutti i residenti di Goma a mantenere la calma. La liberazione della città è stata portata a termine con successo e la situazione è sotto controllo”, ha dichiarato in una nota il portavoce dell’M23, Lawrence Kanyuka, mentre il governo della Rdc ha accusato il Ruanda di avergli “dichiarato guerra”.
Goma ospita quasi un milione di abitanti e altrettanti sfollati ed è la città più importante del Nord Kivu, regione ricca di risorse minerarie che confina con il Ruanda. L’M23, nato nel 2012 da dissidenti dell’esercito congolese di etnia prevalentemente tutsi, è sostenuto dal regime ruandese di Paul Kagame sia dal punto di vista logistico sia finanziario. Secondo fonti delle Nazioni Unite, Goma è stata presa con il sostegno, denunciato da tempo da Kinshasa ma sempre negato da Kigali, di quasi quattromila militari ruandesi. Le forze regolari del Ruanda hanno fornito ai ribelli dell’M23 equipaggiamenti avanzati, visori notturni, mortai, mitragliatrici, rendendoli simili a un esercito convenzionale. Il governo di Kinshasa ha confermato la presenza di soldati ruandesi a Goma, annunciando di fare tutto il possibile per “evitare una carneficina”. Il portavoce dell’esecutivo, Patrick Muyaya, ha invitato inoltre “tutti i congolesi, ovunque si trovino nel mondo, a mobilitarsi a sostegno” della popolazione del Nord Kivu e delle autorità del paese.
Domenica, in occasione di una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la ministra degli Esteri della Rdc, Thérèse Kayikwamba Wagner, aveva chiesto “sanzioni mirate” contro i leader militari e politici ruandesi e un “embargo totale sulle esportazioni di tutti i minerali etichettati come ruandesi”. Kinshasa accusa il regime di Kagame di interferire nella politica interna della Rdc per appropriarsi delle abbondanti risorse del Nord Kivu. A partire dalle miniere di coltan, minerale da cui sono estratti elementi essenziali per i microchip di smartphone e dispositivi digitali. Ma il Nord Kivu è anche uno snodo commerciale importante con Uganda e Ruanda e per le merci in arrivo dai porti del Kenya.
A osservare con apprensione l’evolversi della situazione è soprattutto la Francia: per ragioni storiche e interessi economici, sullo sfondo di una progressiva perdita di influenza diplomatica e militare in quelle che un tempo erano le sue colonie. “Goma sta per cadere”, ha dichiarato questa mattina il capo della diplomazia francese, Jean-Noël Barrot, al suo arrivo al Consiglio dei ministri degli Esteri europei a Bruxelles. “La Francia condanna con fermezza l’offensiva condotta dall’M23, sostenuta dalle forze armate ruandesi, che ha portato alla morte di sei caschi blu e allo sfollamento di diverse migliaia di persone. I combattimenti devono cessare e il dialogo deve riprendere”, ha aggiunto Barrot. In serata, l’Eliseo ha comunicato che il presidente francese, Emmanuel Macron, ha intensificato i contatti “per consentire una de-escalation” nell’est della Rdc. “L’azione del presidente è quella di fare tutto il possibile per evitare un’ulteriore escalation e, soprattutto, per consentire una de-escalation (…) per capire come uscire dalla situazione attuale”, hanno riferito fonti dell’Eliseo. E ancora: “Bisogna fare tutto il possibile affinché i fili del dialogo tra i due paesi vengano riallacciati, con l’obiettivo di permettere alla Rdc di recuperare la sua sovranità”.
Il Foglio ha provato a entrare in contatto con il ministero degli Esteri francese per aver un commento più approfondito sulla situazione nell’est della Rdc, ma al Quai d’Orsay, per ora, la consegna è la seguente: prudenza, nessuna dichiarazione alla stampa. Forse, si vogliono evitare ulteriori turbolenze con i paesi africani dopo quelle provocate da Macron alla Conferenza annuale degli ambasciatori dello scorso 6 gennaio, quando disse che i dirigenti dei paesi del Sahel “si sono dimenticati di dirci grazie”, aggiungendo che “nessuno” degli attuali leader sarebbe oggi a capo di un paese sovrano senza gli interventi militari dell’esercito francese”. Ibrahim Traoré, presidente del Burkina Faso, reagì con queste parole: “Ha insultato tutti gli africani. Ecco come questo signore vede l’Africa e gli africani. Non siamo degli esseri umani ai suoi occhi”.