Nel paese sud americano “non c’è più niente se non una dittatura. Quindi ora il percorso lungo, difficile e complicato è come uscire da una dittatura che vuole consolidare il suo potere”, ha detto Tamara Taraciuk, direttrice del Peter D. Bell Rule of Law Program al centro studi Inter-American Dialogue
“Sulla detenzione di Alberto Trentini si sa pochissimo. Ma sappiano che il governo venezuelano utilizza la detenzione di stranieri per un tipo di politica orrenda”, dice al Foglio Tamara Taraciuk, che è stata la responsabile per il Venezuela di Human Rights Watch e ora dirige il Peter D. Bell Rule of Law Program al centro studi Inter-American Dialogue. “Quello che di solito fa il regime di Nicolás Maduro è usare i prigionieri politici come merce di scambio. Ciò è molto evidente nel caso degli Stati Uniti, con cui in passato c’erano già state trattative per la liberazione di americani detenuti. Adesso sembra che stia facendo esattamente lo stesso con gli stranieri provenienti da altri paesi”.
In passato, però, il regime ha cercato in questo modo essenzialmente di ottenere la liberazione di persone vicine al regime detenute all’estero. Così sono stati liberati i nipoti della first lady, Cilia Flores, arrestati per narcotraffico, o il faccendiere del regime Alex Saab. “Adesso il chiaro obiettivo è consolidare la frode elettorale attraverso altri mezzi. In Venezuela non esiste una giustizia indipendente, e dunque non si viene incarcerati o indagati per avere commesso un crimine, ma si cerca di arrestare chiunque serva al governo, per poi rilasciarlo quando si è ottenuto lo scopo. Maduro sta cercando di consolidare la sua frode elettorale e di restare al potere attraverso l’estorsione, perché non potrà farlo attraverso la legittimità elettorale”.
E sta funzionando? “La verità è che coloro che ora sono al vertice del regime avranno enormi difficoltà ad uscirne. Quel che è oggi evidente è, in primo luogo, che per la prima volta negli ultimi anni tutti sanno, dentro e fuori il Venezuela, che sette venezuelani su dieci hanno votato contro Maduro, nonostante le enormi restrizioni al voto. E anche che nonostante gli arresti, i prigionieri come ostaggi e tutto il resto, il 9 gennaio migliaia di persone sono uscite a manifestare. Durante quella manifestazione c’è stata la detenzione temporanea di María Corina Machado, che è stata prima arrestata e portata via, e poi rilasciata. Credo che questo incidente sia un chiaro riflesso delle fratture nel regime. Non la prendono e la rilasciano senza motivo, ma perché ci sono ordini contraddittori e c’è un crollo del potere”. Contraddizioni nel governo. “Abbiamo una leadership che vìola i diritti umani, che ha rubato le elezioni, che usa gli stranieri come ostaggi e che sta facendo tutto il possibile per mantenere il potere, perché non vede alternative. Ma questa cupola si regge grazie al sostegno di persone che, se cade il regime, non finirebbero automaticamente imprigionate, come la cupola. Quindi la grande sfida che esiste oggi in Venezuela è come l’opposizione venezuelana e gli attori democratici internazionali riusciranno a progredire nel generare ponti con alcune delle persone che sono parte del potere, ma non sono coinvolte in crimini contro l’umanità, e che dunque potrebbero essere incoraggiati a rompere con il regime”.
Maduro in ogni caso ha giurato come nuovo presidente. “Ha prestato giuramento a porte chiuse, non lo ha trasmesso in diretta, e davanti a due dittatori, uno dei quali non è nemmeno arrivato in orario. Il 10 gennaio non è stata la fine della storia. Al contrario: penso che sia una pietra miliare, perché dimostra che in Venezuela non c’è più niente se non una dittatura. Quindi ora il percorso lungo, difficile e complicato è come uscire da una dittatura che vuole consolidare il suo potere. González Urrutia ha avuto una posizione impeccabile, e l’opposizione sta cercando di chiarire che è molto diverso da Guaidó. Non è Guaidó 2.0, ma un signore che ha vinto le elezioni, che deve assumere il potere, e per cui bisogna dunque creare le condizioni affinché ciò accada. Il modo per uscirne, penso, è attraverso una doppia strategia che include un forte aumento della pressione sul regime per inviare un messaggio chiaro: non saranno in grado di governare facilmente. Dall’altro lato, è necessario lanciare ponti d’oro ad alcune persone al potere che non sono coinvolte in crimini contro l’umanità, ma che potrebbero iniziare a pensare di avere un futuro migliore se si cambia”.
Questo tema suscita anche polemiche: il 13 dicembre, per esempio, il giurista cileno Claudio Grossman se ne è andato dalla Corte penale internazionale che ancora non ha incriminato Maduro. “Le indagini penali internazionali possono essere usate per generare quegli incentivi, e il lavoro che facciamo a Inter-American Dialogue è appunto cercare di generare questi incentivi”.