Zelensky e il nuovo padrone della Casa Bianca, che dice: i debiti altrui non mi riguardano

Il presidente ucraino non sa su chi contare, o meglio sa di non poter contare su Trump, né sui leader europei. Tutti, non solo quelli che invece stanno platealmente dall’altra parte, Ungheria e Slovacchia, o ci stanno ipocritamente

Zelensky a Davos ha parlato come se l’Europa esistesse e lui ne fosse il leader. Può sembrare patetico. L’Europa non esiste, lui non ne è il leader, non ne fa nemmeno parte, e non è mai stato così debole e insidiato, dentro e fuori dal suo paese. In un recente passato, quando erano i governi dell’Unione Europea fra i più importanti a tirarsi indietro, Zelensky aveva vantato il suo legame privilegiato con gli Stati Uniti. E’ difficile per la politica degli alleati minori, e molto minori quanto alla difesa, barcamenarsi di fronte ad alternative così azzardate come è stata quella fra i democratici e i trumpiani negli Usa. Ci è riuscita, per ora, con un’acrobazia inverosimile, Giorgia Meloni, che comunque cammina su un filo. Zelensky non sa su chi contare, o meglio sa di non poter contare su Trump, né sui leader europei. Tutti, non solo quelli che invece stanno platealmente dall’altra parte, Ungheria e Slovacchia, o ci stanno ipocritamente. Non sa nemmeno quanto durerà la sua presidenza in Ucraina. Le sorti della guerra sono incerte, e pericolanti. E le falle interne si moltiplicano. L’altroieri sono stati arrestati dal servizio segreto ucraino due generali e un colonnello per aver mancato nella difesa della regione di Kharkiv nello scorso maggio: negligenza, cedimento alla ritirata… E’ inevitabile immaginare che non sappia nemmeno, Zelensky, quanto durerà l’Ucraina. Sceglie di parlare un linguaggio sicuro e lungimirante, come se. Dichiara che una forza internazionale, europea, che garantisca la sicurezza dell’Ucraina dovrà avere “almeno” 200 mila militari. Che se la quota destinata alla difesa comune deve raggiungere il 5 per cento, lo raggiunga. Che l’Europa ha nell’esercito ucraino – che dispone, dice, di 800 mila unità, cioè quattro volte tanto il maggior esercito europeo, quello francese – il nerbo delle sue eventuali forze armate.

Oppure, anzi meglio, basta che Trump decida di far entrare l’Ucraina nella Nato, e gli altri si uniformeranno. Nessuna di queste cose ha qualche probabilità di realizzarsi. Lui le deve dire: è la consegna. Ha alle spalle tre anni di guerra, migliaia di caduti, la sofferenza di un popolo.

I paesi della Nato, gli stati, i loro governanti, hanno a che fare con Zelensky come una famiglia ricca con il barbone che ha soccorso un suo figlio. Lo hanno chiamato eroe, lo hanno invitato e riempito di effusioni, gli hanno detto: “Questa è casa tua”. Lui, dubbioso o no che fosse, ha fatto come se ci credesse. Ma la famiglia grata non può esser grata in eterno, e già tre anni sono molti, quanto al riscaldamento e all’aria condizionata. L’ospite, si dice, dovrebbe pur rendersene conto, avere una discrezione, e insomma starsene al posto suo, che diamine. Lo dicono per il suo bene, così rischia di fare la figura di un accattone. Per giunta, la famiglia ricca ha traslocato, ed è arrivato un nuovo padrone di casa, uno che dice che i debiti altrui, denaro o onore, non lo riguardano.

Sperava addirittura, Zelensky, di andare all’incoronazione di Washington. Con quella maglietta.

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