“Chi comanda nel Pd? Landini? Il centrosinistra ha poche idee e confuse. C’è solo la protesta, nessuna proposta. Anche Renzi oggi non è in grado una visione. Manca un leader credibile. Così operai, artigiani e piccoli imprenditori votano Meloni”, dice l’ex parlamentare che non risparmia critiche nemmeno ai riformisti
Roma. “Chi lavora e non fatica, chi è garantito, insomma una buona parte della classe dirigente di questo paese, sceglie ancora il Pd. Chi invece lavora per davvero, come l’operaio o il piccolo artigiano preferisce la destra. Guardi, anche il mio giardiniere vota Giorgia Meloni e lui è uno di quelli che fatica, glielo assicuro”. Massimo Calearo è stato parlamentare del Pd eppure – dice al Foglio – questa sinistra fatica a decifrarla: “Hanno poche idee e pure confuse. Esiste soltanto la componente di protesta. Ma alla fine cosa propongono? Non si capisce”.
Calearo è l’imprenditore veneto a capo dell’omonima azienda di antenne, fondata da suo padre nel 1957. Un’impresa storica della componentistica, che lavora nel settore delle telecomunicazioni e dell’automotive. Calearo è stato anche presidente di Federmeccanica, ha guidato la Confindustria di Vicenza. E’ arrivato in Parlamento quando al Nazareno c’era Walter Veltroni, prima di lasciare i dem nel 2009 in dissenso con la segreteria di Pier Luigi Bersani, considerata troppo sbilanciata a sinistra e poco attenta ai temi dei riformisti. “Altri tempi. Adesso non so cosa accade dentro al Pd”. Accade qualcosa di simile, sembra quasi che certe dinamiche siano destinate a tornare ciclicamente. Questa volta a dividere gli animi ci sono i referendum promossi dalla Cgil contro il Jobs Act. “La domanda che bisogna farsi è: chi comanda nel Partito democratico? Landini?”, si chiede quindi Calearo. “In base alla mia esperienza posso dire che il Jobs act è stato un progetto positivo. Oggi il problema per noi è trovare collaboratori. Dovrebbero porsi questi temi, piuttosto che litigare sul passato”.
La riforma sul lavoro del 2014, la legge bandiera di Matteo Renzi, fu votata sostanzialmente da tutto il Pd, da molti parlamentari dem che sono tuttora in Parlamento. Mentre la sua segretaria, Elly Schlein, si è schierata coerentemente alla propria storia dalla parte del sindacato. “Credo ci sia un po’ di tensione tra i dem, un certo malessere interno come si è visto anche nei due convegni dei riformisti e dei cattolici che si sono tenuti sabato scorso a Milano e Orvieto”. Ma la questione, secondo l’imprenditore vicentino, è ancora più ampia. “Con la fine delle grandi ideologie, con la rivoluzione culturale in corso, a questa sinistra mancano proprio gli strumenti per formulare una nuova elaborazione della società. Si muovono in modo antico. Nel Pd ci sono ancora capi corrente e capi bastone. Ma il mondo è cambiato”, è il giudizio non proprio lusinghiero di Calearo, che rileva inoltre una scarsa attenzione al mondo produttivo ed economico da parte dei progressisti. “Non a caso anche i piccoli e medi imprenditori del territorio, con cui ho avuto modo di parlare, si ritrovano oggi nell’offerta di questa destra”.
Con Schlein tuttavia, negli ultimi due anni, i dem sono risaliti nei sondaggi. “Certo, hanno ancora i voti, arrivano quasi al 25 per cento. Ma non sono quelli della classe operaia come un tempo. A votarli – ribadisce Calearo – sono i professionisti, i professori, quelli che non faticano davvero”. Lei vota ancora centrosinistra o preferisce Meloni? “Io so di sicuro per chi non voto. Ma sinceramente ho molta difficoltà a dire per chi voterei oggi. Lo stesso Renzi, che conosco e in passato è stato a tratti geniale, mi pare che non sia più in grado di fornire una visione nuova”.
Così in questa fase la destra ha gioco facile. “Il governo ha almeno il merito di offrire una prospettiva, anche con dei limiti. Dall’altra parte invece non c’è nulla. Si parla di campo largo, stretto. Ma alla fine non fanno che litigare. E’ un qualcosa che capiscono, se va bene, solo gli addetti ai lavori. Per questo la destra guida il paese”. Il Pd, anche sullo slancio delle ultime europee, si è candidato a diventare il perno dell’alternativa a questo governo. “Ma manca un leader credibile. E le minoranze interne ai dem fanno fatica a incidere. Al massimo leggiamo di qualche ottuagenario che critica la segretaria Schlein. Però non c’è nessun giovane, tra i dirigenti, in grado di portare avanti una concreta iniziative politica. Senza un cambio di passo – conclude Calearo – continuerà a vincere Meloni. Anche perché in questa fase non sta sbagliando nulla”.