“La penso come il presidente del Veneto, pur essendo chiaramente meglio per noi, elettoralmente, confrontarci con un candidato diverso”, dice il sindaco dem di Mantova. La sponda del presidente Anci
Ci risiamo. “Il Pd dovrebbe ascoltarci di più”, dice Mattia Palazzi. Il sindaco di Mantova non è l’unico. Da qualche giorno gli amministratori dem sono tornati a farsi sentire sul terzo mandato. E dopo Beppe Sala che si è detto favorevole, è arrivata la presa posizione di Gaetano Manfredi, nuovo capo dell’Anci. “Anche io credo sia importante che ci sia il giudizio dei cittadini”, ha dichiarato ieri il primo cittadino di Napoli. Il dibattito sul tetto ai mandati è tornato d’attualità in questi giorni in relazione al Veneto e a Luca Zaia. Ma anche, e questo interroga direttamente la segretaria del Pd Elly Schlein, dopo la legge approvata in Campania da Vincenzo De Luca e impugnata dal governo. “Penso che la questione vada spersonalizzata”, premette Palazzi, che è anche vicepresidente Anci e amministra Mantova dal 2015. “I destini personali e politici non devono istruire le norme, ma le norme dovrebbero avere un minimo di coerenza e senso che oggi, in questa materia, non hanno”. Così, il sindaco di Mantova, ma non è il solo nel Pd, si ritrova a condividere la posizione del governatore veneto. “La penso come Zaia, pur essendo chiaramente meglio per noi, elettoralmente, confrontarci con un candidato diverso”.
In molti sostengono che il terzo mandato sia anche una questione di democrazia. Per Palazzi però il punto principale è un altro: “Avere un limite non è antidemocratico, ma avere differenze insensate tra comuni, in base agli abitanti, crea una evidente discriminazione sull’esercizio passivo e attivo dell’elettorato”. Lo sbarramento ai mandati non si applica infatti per le città con meno di 15 mila abitanti. “E poi permane la manifesta irragionevolezza della attuale norma e su questo, nel merito, non si è espressa la Corte Costituzionale. Anche perché se la ratio è evitare una concentrazione di potere nelle mani dei sindaci qualcuno mi deve spiegare se è più facile avere tale potere su 4 milioni di abitanti come a Roma o su 14.999. La realtà è che se non hai amministrato bene non fai nemmeno il secondo di mandato”.
A sostegno della posizione dei sindaci dem (e non solo dem) c’è anche il fatto che il limite per i sindaci sia una specificità quasi tutta italiana: in Europa c’è in Polonia e in Portogallo, dove è fissato a tre. “O si ritiene che in quei paesi i cittadini non si esprimano liberamente perché soggiogati dai sindaci o l’anomalia siamo noi, che mettiamo limiti alle cariche elette direttamente e nello stesso tempo neghiamo agli elettori, per esempio, di scegliere i parlamentari. Bisognerebbe fare collegi provinciali e mettere le preferenze”. Una richiesta di coerenza legislativa, quella di Palazzi, che è condivisa da tanti amministratori. Ma di cui al Nazareno non sembrano tenere conto. “In realtà – dice Palazzi – su questi temi, anche prima di Schlein e quindi della vicenda De Luca, i sindaci dem da diversi anni non hanno grande ascolto. Le nostre valutazioni faticano a incidere sulle posizioni dem in Parlamento”.
Il primo cittadino di Mantova aggiunge poi che “il problema, al di là dei partiti, riguarda anche la divaricazione tra centro e territorio. Probabilmente è fisiologico, ma credo anche che il Pd dovrebbe ascoltare di più i suoi amministratori, anche perché sono quelli che hanno tenuto mentre si perdevano regioni e elezioni politiche in questi anni, quantomeno dal 2015”. Molti di questi amministratori, un tempo in prima fila nella battaglia per il terzo mandato, si sono tuttavia defilati su questa battaglia. “Diversi di loro sono oggi parlamentari europei e si occupano di altro, ma sono certo non abbiano cambiato idea. In primis Antonio Decaro. E poi si è lavorato sul piano istituzionale. A dicembre 2024, Anci ha posto ancora il tema al governo di rimuovere l’assurda disparità di trattamento in base agli abitanti introdotta dalla maggioranza. Sembra una barzelletta”. Certo la spinta riformista, anche all’interno del Pd, avrebbe potuto dare una mano. E chissà che le due iniziative in programma domani, tra Milano e Orvieto non possano smuovere qualcosa. “Un centro unito, liberale e presente nella società è fondamentale affinché il centrosinistra possa vincere. Banalmente anche perché possa semplicemente definirsi tale. Allo stesso modo è fondamentale che le istanze riformiste nel Pd aiutino la segretaria a costruire una coalizione e un progetto per il paese fondato sulla crescita, su sanità pubblica e scuola, sull’accompagnare imprese e ceti sociali più in difficoltà. E infine – conclude Palazzi – penso a un Pd che metta le nuove generazioni al centro delle sue proposte”.