L’ultimo rincaro dei carburanti ha scatenato un cortocircuito: l’opposizione accusa il governo Meloni, ma il Pd dimentica di aver approvato la norma green che ha determinato l’aumento dei prezzi. Anche sull’aumento delle accise sul gasolio, i dem giocano almeno due parti in commedia
Nell’ultimo mese il prezzo dei carburanti alla pompa è aumentato di circa 5 centesimi, arrivando attorno a 1,80 euro al litro per la benzina e 1,70 euro al litro per il gasolio. L’incremento, come accade in questi casi, è diventato tema di polemica politica soprattutto sull’onda di casi rari di distributori sulla rete autostradale che hanno applicato prezzi superiori a 2,40 euro al litro per il servito. L’opposizione con Vinicio Peluffo (Pd) ha accusato il ministro delle Imprese Adolfo Urso di essere “il responsabile dell’aumento dei prezzi” dei carburanti, avendo eliminato la riduzione delle accise decisa dal governo Draghi nel contesto della crisi del 2022, nonostante Giorgia Meloni in passato avesse promesso di abolirle. La risposta del ministro ha lasciato un po’ a desiderare.
Urso ha detto che “nonostante lo scenario internazionale sempre più negativo” per quanto riguarda l’energia, “siamo riusciti a contenere i prezzi dei carburanti e a evitare impatti inflattivi”. Non si capisce bene cosa abbia fatto il governo. Il riferimento implicito pare essere l’obbligo, introdotto da Urso, di esposizione nei distributori del cartello con il prezzo medio dei carburanti, anche se il ministro non lo cita. E questo non solo perché la misura è stata bocciata dal Consiglio di stato ormai un anno fa, ma anche perché – come ha detto lo stesso Urso – i prezzi sono “sensibilmente più bassi rispetto ai prezzi medi del 2023”. Vuol dire, quindi, che erano alti nel 2023 quando c’era il cartello di Urso poi si sono abbassati dopo che il Consiglio di stato ha tolto il cartello. Il ministro delle Imprese ha poi pronunciato una frase indecifrabile: “In casi isolati e ben documentati, alcuni distributori hanno praticato prezzi della benzina servito superiori al prezzo medio al litro”, dimostrando di non aver ben chiaro cosa sia una media (non è un prezzo amministrato né un tetto al prezzo, ma appunto un valore intermedio: è naturale quindi che ci siano prezzi sopra e prezzi sotto).
Ma se Atene piange, Sparta non ride. Il presidente dei senatori Pd, Francesco Boccia, ha rincarato la dose usando due argomenti. Secondo Boccia, “pesa l’extracosto addebitato da inizio anno a rivenditori e gestori per la quota d’obbligo di miscelazione annuale dei biocarburanti, in vigore dal 1° gennaio e pari a circa 2 centesimi al litro, che è stato interamente scaricato sui consumatori attraverso un incremento dei prezzi”. A peggiorare la situazione arriverà “il riallineamento delle accise sul diesel che il Pd aveva contestato in sede di presentazione del Psb nello scorso ottobre, prima negato dal governo e poi confermato da un decreto legislativo ad hoc su cui le commissioni parlamentari competenti si esprimeranno nei prossimi giorni”.
Entrambe le affermazioni sono di per sé vere. Ma il Pd non può chiamarsene fuori. L’obbligo di miscelare i carburanti convenzionali a una quota crescente di prodotti a zero emissioni non è, infatti, uno sghiribizzo di Giorgia Meloni. Nasce da obblighi europei risalenti addirittura ai primi anni Duemila e certificati, da ultimo, nella Direttiva Red-II, che impone di portare la componente bio dal 10 per cento nel 2023 al 16 per cento nel 2030. Tale norma, approvata a livello Ue anche dal Pse e quindi dal Pd, è stata recepita in Italia nel 2021 dal governo Draghi, quindi è passata anche col voto favorevole di Boccia e del suo partito. Il governo Meloni si è limitato a emanare, nel 2023, il decreto attuativo finalizzato a dare attuazione all’obbligo, stabilendo le quote per il triennio 2023-2025 (quest’anno 11,7 per cento) e le modalità del loro assolvimento. Tali obiettivi, contenuti anche nel Piano energia e clima (Pniec), sono indispensabili a raggiungere il target di riduzione delle emissioni del 55 per cento entro il 2030 e di incremento delle rinnovabili al 42,5-45 per cento: ma l’incremento delle quote bio era richiamato anche nella versione del Pniec varata nel 2020 dal governo Conte II, di cui Boccia era ministro, che faceva riferimento a un target leggermente inferiore (14 per cento nel 2030) coerentemente col quadro Ue allora in vigore. Ma all’epoca fu proprio il Pd, tanto in Italia quanto in Europa, a chiedere a gran voce l’adozione di obiettivi più impegnativi. Ed è sempre il Pd a lamentarsi che non si abbastanza per il clima.
Anche sull’aumento delle accise sul gasolio, il Pd gioca almeno due parti in commedia. Se è vero che il partito aveva contestato l’ipotesi di allineamento delle accise tra gasolio e benzina, nonché la decisione del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti di cessare gli sgravi transitori introdotti da Draghi, ciò è del tutto contraddittorio con la reiterata richiesta di cancellare i sussidi ambientalmente dannosi (Sad). Ancora pochi giorni fa Elly Schlein la reclamava, e non c’è provvedimento in cui non vengano discussi emendamenti di spesa del Pd da finanziare proprio con l’abolizione dei Sad. Bene, il catalogo elaborato dal ministero dell’Ambiente – la cui ultima edizione è stata pubblicata la settimana scorsa – considera proprio il differente trattamento fiscale tra benzina e gasolio come il Sad singolarmente più rilevante, con un impatto nel 2022 di 3,2 miliardi di euro. La richiesta di correggere questa stortura è stata più volte rivolta al nostro paese anche dalla Commissione europea, ed è indirettamente richiamata dal Pnrr (negoziato dai governi Conte II e Draghi, dei quali faceva parte il Pd), che impone di eliminare 2 miliardi di Sad entro il 2026 e altri 3,5 miliardi entro il 2030. Naturalmente si può criticare la metodologia del catalogo, ma non risulta che Boccia o il Pd l’abbiano mai fatto. Anzi, lo invocano costantemente per denunciare la presunta disattenzione italiana ai problemi del clima.
E’ curioso come, a dispetto della retorica ambientalista ed europeista, il Pd non perda occasione per combattere battaglie che fanno carta straccia dell’ambiente e degli obblighi europei. Ora si batte contro i biocarburanti e contro l’aumento delle accise del gasolio, sembra quasi che Pd stia per “Partito del diesel”.