Le preoccupazioni del Ppe per l’alleanza a Vienna con l’Fpö antieuropea; per l’Övp non è possibile una coalizione con la sinistra. Le elezioni in Germania e il timore per l’avanzata dell’AfD
Il dossier austriaco preoccupa il Partito popolare europeo: la possibile coalizione tra i popolari austriaci dell’Övp e l’ultradestra filoputiniana dell’Fpö mette in dubbio le tre regole d’oro scelte dal leader del Ppe, il bavarese Manfred Weber, come bussola per le alleanze: pro Europa, pro Kyiv e pro stato di diritto. Queste tre linee rosse rischiano di sparire nella sabbia della convenienza elettorale, tanto più che gli esponenti dell’Fpö continuano a parlare di una possibile uscita dell’Austria dall’Ue e che lo stesso leader, Herbert Kickl, è emerso come personaggio chiave in uno scandalo legato allo spionaggio di Mosca.
“Noi siamo il partito pro Kyiv per eccellenza, e conosciamo bene le posizioni di Kickl sulla Russia. Se diventa cancelliere, ci ritroviamo con un altro Orbán nell’Unione europea, e questo non possiamo permettercelo”, ha detto al Foglio un eurodeputato popolare dell’est prima di imbarcarsi per Berlino, dove il Ppe ha chiamato oggi a raccolta tutti i leader nazionali, tra cui anche il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, e Ursula von der Leyen.
A rendere tutto più complicato ci sono poi le elezioni in Germania, dove la preoccupazione principale della Cdu di Friedrich Merz è proprio l’avanzata dell’ultradestra dell’AfD, con cui i popolari tedeschi, per ora, dicono di non avere alcuna intenzione di fare accordi. Si sfregano le mani, invece, i Patrioti per l’Europa, il gruppo europeo di Marine Le Pen, Lega e Viktor Orbán, che andrebbe così ad affiancare al premier ungherese anche il premier austriaco, raddoppiando la potenza di veto in sede di Consiglio europeo sulle scelte di politica estera.
A favore dell’intesa a Vienna pesa però la logica elettorale: dall’ufficio di presidenza dei popolari, fanno sapere che l’Övp ha “bruciato i ponti con la possibilità di una coalizione con la sinistra” e teme che far saltare il banco e tornare al voto significherebbe solo far crescere i sovranisti e ridurre il peso dei popolari in una coalizione che sembra destinata a dover partire, in un modo o nell’altro.