Facile la vittoria degli uomini di Conte, più sofferta quella dei nerazzurri. Alla vigilia dei recuperi di martedì e mercoledì, solo l’Atalanta sembra poter restare in scia. Intanto tra le piccole il Como dimostra idientità anche nelle scelte di mercato
Fuori i secondi. La classifica della Serie A, ancora incompleta per via della Supercoppa, dei rinvii meteorologici e di quelli sanitari, comincia a rivelare una sua fisionomia più costante: nel weekend degli ennesimi stenti per Juventus, Milan e Lazio, Napoli e Inter – ciascuna a suo modo- s’involano, e apparentemente solo l’Atalanta potrà rimanere in scia. Ciascuna a suo modo, appunto: gli uomini di Antonio Conte con sicurezza, zero rischi e l’assorbimento indolore della ventilata partenza di Kvicha Kvaratskhelia. Soffrendo invece i nerazzurri, che a Venezia trovano presto il goal per poi amministrare e rischiare più del lecito: tipico contro le ultime della fila, successe un campionato fa con le due sconfitte targate Sassuolo e quest’anno con il risicato pareggio di Monza.
Che il massimo torneo italiano non rispecchi i valori effimeri emersi nella Supercoppa d’Arabia lo conferma il Milan, che tanto crea e poco stringe di fronte al Cagliari dei Piccoli e Felici: Mike Maignan non è la prima volta che rende facili le parate difficili e viceversa, Tammy Abraham esaurito l’incantesimo riassume i panni di Egidio Calloni o Marco Pacione. Davanti a tale umoralità, perfino uno come Sergio Conceiçao non trova le adeguate contromosse: è un personaggio che non le manda a dire, nuovo José Mourinho senza detenerne la scienza, ma pari nel distogliere l’attenzione mediatica dai problemi della squadra per caricarli addosso a sé. Tra le reduci di Riyad, stecca ancora la Juventus, nel derby al suo minimo stagionale e opposta a un Torino che più di così non può fare: forse la tifoseria più calda avrà apprezzato le due espulsioni degli allenatori, nella tempesta perfetta per un pareggio che non serve ad alcuna, e al cui confronto il Clasico di Supercoppa tra Barcelona e Real Madrid ha le sembianze di un altro sport, tanta la profusione di talento nelle top iberiche e il geniocidio conclamato in atto nel calcio italiano.
Lo salverà il Como, che (mentre pure in coda ormai si sgranano) partita dopo partita mostra identità, mentalità, idea di calcio e pure di mercato, inserendo gli elementi più opportuni – Maxence Caqueret, Jean Butez, Assane Diao – per costruire verso il futuro, senza passare dall’instant team. Iniziato il girone di ritorno, incombono appunto i tre recuperi principali, ai quali demandare il compito di dire se la schiarita in vetta è effettiva, o se un colpo di mercato può ancora sovvertire l’esito che si avvia a scrittura. Soprattutto l’Atalanta si trova a un bivio, per non dover ammettere a se stessa che lo scudetto non è un obiettivo: a patto, ad esempio, che Charles de Ketelaere non si prenda altre pause “milaniste”, che Mateo Retegui faccia ricredere Gianpiero Gasperini, che le defezioni specie difensive non diventino l’alibi universale. Quest’anno senza Mondiali o Europei, ma con la sola eccezione pacifica del neonato supercampionato internazionale per club, dovremo farcelo bastare: meglio divertendosi, e sperabilmente con qualche scoperta non preventivata.