Tra i nuovi arrivati “L’attesa” di Pellizza da Volpedo vicino alla sua opera-icona “Quarto stato”, il “Birichino” in bronzo e l'”Enfant Malade” di Medardo Rosso.
New entries in GAM. La più grande collezione di opere dell’Ottocento in Lombardia, custodita in quel gioiello di museo civico che è la Galleria d’Arte Moderna di Milano, si è appena impreziosita. Premesso che siamo di parte – per quel che ci riguarda la Gam, con la sua aria così parigina e i raffinati Appiani, Cremona, Previati, Segantini alle pareti, è luogo di bellezza da visitare più spesso che si può –, il museo merita un’occhiata attenta: i nuovi cinque arrivati della collezione permanente sono già in bella mostra per i visitatori (1.500 la scorsa domenica, per la giornata dei musei aperti). Sono pezzi non di poco conto, ma contano di più le storie (lasciti, comodati, acquisti) con cui sono giunti al museo, “che vive se acquisisce e acquisisce se sa attrarre donazioni”, dice al Foglio Paola Zatti, conservatore responsabile della Gam.
Uno dei nuovi arrivati si è meritato un posto al sole vicino al “Quarto stato”, opera-icona di Pellizza da Volpedo: è “L’attesa”, dipinto dieci anni prima, nel 1888, sempre dal Pellizza. Ritrae una donna di profilo in abiti tradizionali e atteggiamento severo: “Questo quadro è un dono prezioso – spiega Zatti – Pellizza ha dipinto poco e arricchire la nostra collezione con uno dei suoi lavori è un privilegio”. Diciamo grazie all’ingegnere milanese Giancarlo Villa che, come da delibera estiva, ha voluto donare l’opera alla Gam: arricchirà anche la mostra con cui il museo, dal prossimo 25 settembre, celebrerà a dovere il Pellizza. Grazie anche agli eredi di una famiglia milanese: hanno regalato al museo civico, preferendo l’anonimato, il delizioso “Birichino” in bronzo di Medardo Rosso, arricchendo così la già corposa collezione dell’artista alla Gam (16 opere in tutto). E’ di Medardo Rosso anche il comodato che Zatti definisce “il capolavorissimo”: l’“Enfant Malade” in cera, un lavoro di struggente bellezza affidato alle cure del museo da un cittadino milanese (per 3 anni, rinnovabili): “Avevamo già la copia in bronzo, ma questa è strepitosa”, continua Zatti, una che parla poco e lavora molto (e se usa tali aggettivi, è buona cosa ascoltarla). A proposito, a Medardo Rosso il Mumok di Vienna dedica una sontuosa retrospettiva che a fine marzo si sposterà al Kunstmuseum di Basilea e 6 pezzi sono in prestito proprio dalla Gam.
Donazioni e comodati sono importanti, ma poi servono i danè. Alla Gam che, come tutti i musei civici, è abituata a galleggiare in acque agitate, è stata lanciata un’utile zattera: una signora genovese innamorata del museo ha predisposto nel testamento un lascito finanziario per permettere nuove acquisizioni (è il legato Bruna Falco: 300 mila euro). Mentre scriviamo, grazie a questi soldi un nuovo acquisto è in via di definizione e altri due sono già appesi alle pareti: nella sala dedicata alla pittura storica di genere, accanto ad altri suoi lavori, ecco il “Senatore della Repubblica Veneta” di Domenico Induno, un’opera del 1845. Apparteneva ad Ambrogio Uboldi, banchiere e collezionista di armi che aveva un’armeria saccheggiata per combattere durante le Cinque Giornate: “Le buone acquisizioni, chiosa Zatti, si fanno anche inseguendo le storie del museo”. Poco distante un’altra new entry: lo “Spazzacamino” di Giuseppe Molteni, un classicone del repertorio romantico-risorgimentale sui bambini. Le donazioni private “sono un gran lavoro e vanno ben gestite” (cit Zatti), perché altrimenti a chi dona passa la voglia, ed è già successo in città di collezioni migrate altrove. Salvavita dei musei, le donazioni andrebbero valorizzate più di tante mostre temporanee.