Onore al merito: con il Golden Globe a Corbet e Audiard il bel cinema riparte all’attacco

Vincono “The Brutalist” e “Emilia Pérez”, entrambi sui grandi schermi italiani fra pochi giorni. Fra l’omaggio di Zendaya alle dive del passato, un monologo d’apertura provato per 90 volte e votanti davano l’idea non andare al cinema da decenni

Cominciamo dall’eleganza di Zendaya, un trionfale ingresso sulla passerella dei Golden Globe 2025 con un omaggio alle dive del passato. E un tocco elettrico di modernità. L’abito Vuitton era ispirato agli anni 50, colore arancio-ruggine, corpino modellato e gonna con strascico. La maestra di cerimonie Nikki Glaser ha cambiato un guardaroba intero, e sembra abbia provato il monologo d’apertura – nove minuti di durata – 90 volte. Poi ha scherzato sulle streghe di “Wicked” e sulla bravura di Timothée Chalamet: “Canta male proprio come Bob Dylan, con un nome più difficile da pronunciare, e baffetti che paiono sopracciglia”.





Il massimo che si può fare senza offendere, e i Golden Globe hanno già avuto la loro parte di guai: i votanti erano tutti bianchi e davano l’impressione di non essere andati al cinema da qualche decennio almeno. Qualcuno è rimasto, così si spiega la candidatura di “Conclave”: un frullato misto di attori-cardinali riuniti per eleggere il nuovo Papa, litigiosi e molto al di sotto delle regole d’ingaggio, mentre un attentatore uccide un po’ di fedeli e danneggia la Cappella Sistina.

A parte qualche svista, il terremoto c’è stato. Con la vittoria di “The Brutalist” diretto da Brady Corbet nella categoria film drammatici, e di “Emilia Pérez” diretto dal francese Jacques Audiard, nella categoria commedie o film musicali. Per la delizia degli spettatori italiani saranno nei cinema tra pochi giorni. “The Brutalist” ha vinto anche un Golden Globe per la regia, e uno per l’attore Adrien Brody che da sempre amiamo – è un film che segna una carriera, se valgono ancora le categorie in voga quando tutti gli abiti erano eleganti come quello di Zendaya: sarà nelle sale il 6 febbraio. Dura tre ore e mezza, ma sappiate che il regista medesimo – finora da noi poco amato, qui è scattato il colpo di fulmine – ha previsto 15 minuti di intervallo, con fotogramma fisso e musichetta. Il resto è l’avventurosa storia di Laszlo Toth: architetto sopravvissuto all’Olocausto, che fugge negli Usa e usa il cemento per i suoi edifici, sotto la protezione di un mecenate.

“Emilia Pérez” arriva nei cinema italiani giovedì 9, per prolungare la gioia degli spettatori che hanno iniziato l’anno guardando “Better Man”, ritratto di Robbie Williams da scimpanzé (dice di essere troppo timido per metterci la faccia, ma la spettacolare controfigura e certe coreografie adrenaliniche sono un chiodo nella tomba dei biopic musicali vecchio stile). Emilia Pérez è il nome, diciamo così d’elezione, di un narcotrafficante messicano che decide di sparire dal mondo per cambiare sesso, il suo sogno di sempre. Niente dibattito, grazie, parliamo di cinema che dopo un momentaccio riparte all’attacco. Anche questo è un musical, a volte smagliante di colori a volte buio, perché poi Emilia Pérez vuole riabbracciare i suoi bambini, e allora si finge una lontana parente (la madre dei piccini Selena Gomez intanto trama per fuggire con l’amante). Jacques Audiard non ha mai fatto un film uguale all’altro, ma questo è davvero strepitoso. Spiace per “Anora” di Sean Baker, già nelle sale italiane da un po’ – andatelo a vedere lo stesso.




Attore non protagonista, Kieran Culkin. Nel film “A Real Pain” recita accanto a Jesse Eisenberg, anche regista e sceneggiatore del piccolo ma benissimo riuscito film. Due cugini che poco si somigliano vanno in Polonia, con un gruppo che ripercorre i luoghi dell’Olocausto (la nonna è sopravvissuta grazie a “un milione di miracoli”). Nel gruppo c’è anche un nero che con i campi di sterminio sembra aver poco a che fare. Tutti quanti cercano “un dolore vero”, per scacciare quel che hanno dentro.

Leave a comment

Your email address will not be published.