La nostra giornalista è detenuta nel carcere di Evin, in Iran, dal 19 dicembre 2024
La nostra giornalista Cecilia Sala è stata arrestata dalle autorità iraniane il 19 dicembre scorso a Teheran. Ora è detenuta in una cella singola nel carcere di Evin, il più grande e il più famigerato dei penitenziari della capitale iraniana dove vengono rinchiusi i cittadini stranieri e i dissidenti politici.
Il 30 dicembre il dipartimento generale dei Media esteri del ministero della Cultura e dell’orientamento islamico dell’Iran ha confermato in una nota l’arresto di Sala “per aver violato le leggi della Repubblica islamica dell’Iran”. “La cittadina italiana è arrivata in Iran il 13 dicembre con un visto giornalistico ed è stata arrestata il 19 per aver violato la legge della Repubblica islamica dell’Iran. Il suo caso è sotto inchiesta. L’arresto è stato eseguito secondo la normativa vigente e l’ambasciata italiana è stata informata. Le è stato garantito l’accesso consolare e il contatto telefonico con la famiglia”, ha fatto sapere Teheran.
L’unica ad aver incontrato Cecilia è stata Paola Amadei, l’ambasciatrice italiana in Iran, che le ha portato conforto e rassicurazioni. Cecilia ha potuto telefonare a casa tre volte, per pochi minuti, una il giorno dopo l’arresto e una il 26 dicembre. Poi, ancora, il primo gennaio. In questi scambi con i familiari, Cecilia ha fatto sapere che nella piccolissima cella dove è detenuta non ha un materasso e dorme per terra, sdraiata su una delle due coperte che ha a disposizione. L’altra le serve per proteggersi dal freddo di Evin. Finora non le sono stati consegnati i beni di prima necessità che l’ambasciata italiana aveva portato alle autorità del carcere iraniano e anzi Cecilia ha detto alla sua famiglia che le hanno tolto anche gli occhiali da vista.
Venerdì 3 gennaio, i genitori di Cecilia hanno comunicato il proprio desiderio di astenersi da commenti e hanno chiesto senso di responsabilità, riservatezza e discrezione, anche attraverso un silenzio stampa, per non vanificare gli sforzi delle autorità italiane impegnate nelle trattative delicate. L’appello è legittimo, sacrosanto e comprensibile. Il modo migliore per accoglierlo è dare un’informazione essenziale, consapevole del dovere, come dicono i genitori di Cecilia, “che il grande dibattito mediatico su ciò che si può o si dovrebbe fare rischi di allungare i tempi e di rendere più complicata e lontana una soluzione”. L’appello si può realizzare con la moltiplicazione degli sforzi, anche dei nostri, per offrire un’informazione sobria e responsabile in grado di evitare il rischio indicato dalla famiglia, quello appunto di allungare i tempi e rendere più lontana la soluzione che tutti desideriamo: riportarla presto a casa.
Qui potete trovare tutti gli articoli sull’arresto e la detenzione. Qui tutti gli articoli di Cecilia Sala per il Foglio.