Dal prossimo anno il capoluogo lombardo vieterà il fumo da tabacco in qualsiasi luogo all’aperto. Un intervento per ridurre quel 7 per cento di polveri sottili provenienti dalle sigarette, senza però trovare soluzioni concrete per l’insalubrità dell’aria milanese
La salubrità dell’aria tanto cara al Parini non è mai stata una medaglia di Milano, questo lo sa anche un cretino di passaggio. Poca ventilazione, molta umidità, ristagno e una delle densità mondiali più alte di gente che respira, overturisti esclusi, producono aria inquinata. Però Milano, che non ha mai trovato né troverà soluzioni all’insalubrità della sua aria, ha deciso di vietare il fumo da tabacco dal 1° gennaio praticamente in qualsiasi luogo all’aperto. Non c’entra nemmeno la salute degli altri, è vietato anche se si è soli: nella città con il verdismo più sgangherato del pianeta si fa per ripulire l’aria.
Il burocratico e inutile “Regolamento per la qualità dell’aria”, tanto caro all’assessora verdissima Censi, non ha funzionato in circa nulla, ma lei spiega che “il 7 per cento del PM10 di Milano è prodotto dalle sigarette”. Dunque il restante 93 per cento è causato da altro: dal fatto che Milano ha meno della metà dei metrò di Barcellona, che non ha una rete extraurbana decente, ergo si usa l’auto, e per tutti quelli che comprano smart su Amazon poi viene un furgone a consegnare. Le leggi antifumo in Europa non hanno portato a diminuzione nei consumi, e nei paesi asiatici tanto meno. Ma di questo l’assessora alla qualità dell’aria non si occupa, il Comune “catamocc” preferisce svuotare i posacenere.