Il mistero del Natale: Dio che si fa fragile corpo per abbracciare la nostra fragilità

Nei momenti decisivi della vita, la Parola del Signore, non parla, ma tace. Lo fa per operare qualcosa di strepitoso che, grazie al suo silenzio, risulta ancora più evidente. Per farci amare la nostra vita, circonda la nostra fragilità con un corpo, il suo, che ha il potere di dare una luce nuova a ogni nostra cosa

Non posso vivere questo Natale senza pensare a quanto ha scritto uno studente di Bari in un biglietto, affisso insieme a tanti altri, su un albero natalizio della sua università: “Vivere è diventato estenuante, e non ho più molta voglia di farlo… Vorrei potermi addormentare e non svegliarmi più”. Mi immagino questo ragazzo, che si fa coraggio a venire fuori, seppure con la cautela dell’anonimato, per raccontare ciò che gli macina dentro, già da quattro anni – come scrive all’inizio del suo messaggio. Gli apprezzabili e diffusi appelli alla resilienza e alla proattività non sono riusciti nel loro intento di farlo uscire dallo stato di permacrisi… così abbiamo imparato a chiamarlo. Più che strategie e consigli credo che questo biglietto, voce che grida nel deserto di tanti altri ancora ignoti, attenda l’incontro col silenzio luminoso di un volto amico. E’ il silenzio proprio di chi non ha fretta di analizzare, indicizzare e indirizzare, ma di chi si ferma, anzitutto ad ascoltare, senza fuggire da sé e dall’altro. Chi non ha fretta di inondarci di parole, è convinto, come ha scritto J. Fosse, che la “nostra solitudine interiore… è qualcosa che ci lega a Dio, attraverso il silenzio”.

Capita di incontrare persone così, che tirano fuori dal profondo di noi una sorta di luce. Daniele Mencarelli li descrive come “interstizi di luce” nel suo Brucia l’origine: allora “la fragilità dell’infanzia torna a vivere senza vergogna”. E’ come se, d’improvviso, davanti a queste persone, si dissolvessero le intenzioni fallite, i profili immaginati, per deporre finalmente tutte le maschere di vita ostentate. Ritorna così la libertà di mostrarsi per quel che si è. Si potrebbe descrivere il mistero del Natale come il silenzio luminoso di un Dio che si è messo a guardarci come fa un bambino, senza chiederci anzitutto di dover cambiare qualcosa, anzi senza saper neanche parlare. Con la sua sola presenza ha avuto la potenza di illuminare il buio del cuore di chiunque lo accostava: i poveri pastori infreddoliti, i ricchi ed erranti Magi, ma anche chi oggi sente che nella propria vita c’è ancora qualcosa che non va. In modo misterioso, il filo di questo silenzio luminoso lega la scena della natività a quella, ultima, della croce: una presenza che ti guarda in silenzio e con la sua fragilità illumina la tua.

Come scriveva Leone Magno, nel mistero del Natale accade uno stupendo scambio (admirabile commercium): Dio prende un corpo fragile come il nostro, perché l’uomo possa avere una vita divina come la sua. Nei momenti decisivi della sua vita, il Verbo di Dio, la Parola di Dio, non parla, ma tace. Lo fa per operare qualcosa di strepitoso che, grazie al suo silenzio, risulta ancora più evidente. Per farci amare la nostra vita, circonda la nostra fragilità con un corpo, il suo, che ha il potere di dare una luce nuova a ogni nostra cosa. Per questo Vladimir Solov’ëv arriva persino a scrivere del Natale: “E’ qui Egli, adesso… nel torrente torbido delle ansie della vita, tu possiedi un segreto pieno di gioia: impotente è il male, ed eterni noi siamo: Dio è con noi”.

Il silenzio luminoso di un Dio che, per abbracciare la nostra fragilità, si abbassa ad assumere un corpo come il nostro, può sciogliere ogni forma di vergogna e di resistenza per portare quella pace che “potrà nascere solo da un cuore disarmato dall’ansia e dalla paura della guerra” – come scrive Papa Francesco. Il cuore dell’uomo viene disarmato, cioè depone le armi dell’ansia del controllo e del timore del giudizio, quando incontra qualcuno che non ha avuto vergogna di impastarsi con la propria condizione. Come già riconosceva efficacemente don Giussani: “Noi non ci sentiremmo mai capiti se non da qualcuno che abbia in sé qualcosa di noi”. Dio ha in sé qualcosa di noi: questo è l’annuncio del Natale che vorrei far arrivare al ragazzo di Bari e ai tanti suoi amici, piccoli e grandi, che aspettano di uscire dall’anonimato.

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