Basilica leggendaria. Il nuovo museo di Santa Maria Maggiore

Nella prima chiesa di Roma intitolata alla Madre di Dio ci sono molte novità artistiche che compongono un dispensario di indulgenze speciali in questo Natale giubilare e uno scrigno gonfio di tesori d’arte, di storia e di fede

Il bastione mariano di Roma è figlio di un cambiamento climatico e d’un avviso meteorologico dato in simultanea visione notturna. Siamo nelle tenebre del 4 agosto 358 dopo Cristo: il patrizio Giovanni – un facoltoso anziano senza prole che con sua moglie ha deciso di devolvere le sue ricchezze per un nuovo tempio da offrire alla religione da qualche decennio non più illicita – sogna la Madonna. Che chiede di edificare una chiesa sul luogo d’un portento imminente. I due si precipitano da Papa Liberio a riferire e lui strabuzza di sorpresa: anche a lui è venuta la Vergine in sogno con la medesima richiesta. Ma dov’è il prodigio? Eccolo, s’è sparsa la voce in città: sul Cispio, sull’altura del più elevato colle di Roma, l’Esquilino, è nevicato! E siamo ad agosto! Nessun allarme ecologico, piuttosto il Papa prende la vanga e scava il perimetro nella neve: lì sorgerà la Basilica liberiana.

Si viene assaliti da un turbine di leggende e di arte quando si visita Santa Maria Maggiore, la prima chiesa di Roma intitolata alla Madre di Dio: la nevicata miracolosa la raccontano le tessere dorate e colorate degli splendidi mosaici di Filippo Rusuti nella loggia delle benedizioni, che per secoli è stata la facciata; Papa Liberio zappatore e geometra sta in Cappella Paolina nel rilievo polimaterico di Stefano Maderno sovrastante l’icona della Salus Populi Romani. E qui siamo alla leggenda numero due, che a sua volta ne incorpora un’altra. L’immagine venerata da Papa Francesco – che qui effettua il suo check-in e check-out a ogni viaggio e ha annunciato di voler essere sepolto a Santa Maria Maggiore, in compagnia d’altri otto Papi – sarebbe stata dipinta direttamente da san Luca, ma esami scientifici hanno annichilito la credenza, a meno di ritenere che il patrono degli artisti fosse in attività ancora nel IX secolo! Questa icona miracolosa, condotta in processione da Gregorio Magno dalla Basilica a Castel Sant’Angelo nel 590 avrebbe inoltre fatto cessare la pestilenza, l’angelo della Mole avrebbe rinfoderato la spada e altri angeli apparsi in cielo avrebbero intonato, in premiere assoluta, il Regina Coeli.

Il fatto è narrato mirabilmente nel quadro di Jacopo Zucchi custodito da lungo tempo ai Musei Vaticani e ora tornato ad arricchire il nuovo Museo della Basilica liberiana, appena inaugurato. Merita una visita. Al suo ingresso – e siamo alla terza pia leggenda tradotta in arte – si passa a fianco d’una grande campana di bronzo, la Sperduta, anch’essa tornata dai Vaticani dopo 140 anni, che quand’era in attività sul campanile suonava alle due di notte per ricordare la salvezza di una pellegrina smarritasi in luoghi perigliosi, che ritrovò la strada grazie al rintocco. Nel riallestito Museo diretto da Andreas Raub è stato anche trasferito il celebre presepe scolpito di Arnolfo di Cambio (1289 circa), che insieme alla reliquia della Santa Culla, concorre alla identificazione di Santa Maria Maggiore come “Betlemme di Roma”: un dispensario di indulgenze speciali in questo Natale giubilare e uno scrigno gonfio di tesori d’arte, di storia, di fede, che Scripta Maneant ha impaginato in un incantevole volume illustrato d’imminente uscita.

P. s. L’arte è un conforto nella durezza del vivere. Non si creda però che la bellezza germogli in ambienti eticamente climatizzati, in giulebbosi giardini di soavità. Nell’ammirare i capolavori della Basilica liberiana e del suo nuovo Museo rintocca alla mente il foscoliano “di che lacrime grondi e di che sangue”. Tra le ipotesi più accreditate sulla scelta del luogo di edificazione di Santa Maria Maggiore ci sarebbe uno stuprum di cui fu accusato (e poi scagionato) il suo committente, san Sisto III, il quale avrebbe ricevuto proprio quel terreno quale risarcimento per la causa contro di lui intentata. Ma questo è solo un dettaglio scabroso. Ben più sconvolgente è il fatto che se si assume che la Basilica di Santa Maria Maggiore sia stata costruita sopra quella del miracolo della neve, ebbene allora proprio qui fu perpetrato un orrendo eccidio di cristiani contro cristiani, con ben oltre cento morti. Accadde nel 366, durante la furibonda contesa tra un Papa (Damaso) e un antipapa (Ursino): i sostenitori del primo trucidarono gli avversari rifugiatisi in basilica. Il nuovo tempio sarebbe stato edificato anche per cancellare la memoria di quel crimine. La sublime magnificenza dell’arte in questo postconciliare (Efeso) documento di pietra sulla Theotokos attutisce e assorbe, ma non annulla, lo sconforto per gli scandalosi misfatti della storia su cui rimugina pensieroso il visitatore.

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