I cristiani di Sednayah: “Quando non parlerete più delle torture di Assad, chi penserà a noi?”

Migliaia di persone protestano a Damasco e chiedono sicurezza al governo provvisorio. Fuori dalla capitale la vigilia di Natale è tesa: “Tutti abbiamo paura”

Dal nostro inviato a Sednayah. È bastato un albero di Natale in fiamme nelle campagne di Hama, 250 chilometri a nord della capitale, per portare migliaia di cristiani per le strade della Siria per manifestare la propria paura, prima ancora che la propria rabbia. A Bab Touma e a Bab Sharqi, nella città vecchia di Damasco, i manifestanti hanno brandito grandi crocefissi di legno agitando le bandiere della rivoluzione, quelle della Siria post Assad. “Via gli stranieri dalla Siria”, “Il nostro è un paese libero”, urlavano, riferendosi al gruppo di combattenti uzbeki che il giorno precedente aveva dato alle fiamme un albero di Natale nel villaggio cristiano di Suqaylabiyah, nelle campagne di Hama.

La città non è nuova a episodi di violenza e a gesti di odio – nei giorni scorsi chiese e cimiteri sono stati attaccati e deturpati da uomini di Hts e due fedeli sono stati uccisi. Il leader di Hayat Tahrir al Sham (Hts), Ahmad al Sharaa, ha provato a riportare la calma, ha detto che i responsabili sono stati già arrestati e ha promesso che si impegnerà per riportare all’ordine le milizie straniere. Si tratta dei gruppi armati che sostengono Hts, reclutati soprattutto tra i combattenti islamisti originari del Caucaso. Fanno parte dell’ombrello di milizie che si sono spinte fino a Damasco cacciando il regime di Bashar el Assad. Promettere di estrometterli dalla nuova Siria adesso non è semplice per Sharaa, che ha già una disperata necessità di “manodopera” per garantire la sicurezza nel paese. Gli sforzi compiuti finora per reclutare nuovi combattenti non sono sufficienti per tenere sotto controllo le zone periferiche del paese e molti luoghi considerati sensibili per la presenza di cristiani e altre minoranze.



Oggi una delegazione italiana, guidata dall’ambasciatore Stefano Ravagnan, ha incontrato il nuovo ministro degli Esteri di Hts, Zaid al Attar. Il governo provvisorio ha dato rassicurazioni sulla tutela dei cristiani e sulla volontà di garantire un Natale pacifico.



“Non ci sentiamo sicuri”, dicono i fedeli fuori dal Convento di Nostra Signora di Sednayah, sotto un gigantesco albero di Natale. Qui ad appena 25 chilometri a nord di Damasco è prevista una delle liturgie della vigilia più attese, con molti fedeli provenienti anche da Damasco. “Sappiamo cosa è successo a Hama e siamo preoccupati”, dice J., un ragazzo che preferisce restare anonimo per paura di ritorsioni. “Per ora vengono tutti qui per parlare del carcere di Sednayah, delle torture del regime. Ma appena i giornalisti se ne andranno e l’attenzione della comunità internazionale si sposterà altrove temiamo che per noi cristiani inizino i problemi veri”. Qualcun altro rassicura: “Sarà un Natale tranquillo qui a Sednayah, Hts coopera con i ragazzi della città e tutto è a posto”, dice Alaa. Ma nonostante il posto di blocco di una decina di uomini di Hts vicino al convento, il clima è tutt’altro che disteso e per J. non c’è da fidarsi: “Chi dice che va tutto bene sta mentendo, la verità la conosciamo nei nostri cuori”. Prima della cerimonia della Vigilia, il vescovo ha incontrato gli uomini di Hts e pare che al loro cospetto abbia preferito coprire bene con il bavero della giacca la croce che portava al petto. “Ha paura, come tutti – dice H. – i capi della Chiesa sperano di riuscire a dialogare con Hts e che così facendo garantiranno la sicurezza dei fedeli. Ma sanno bene che siamo troppo deboli per poterci difendere”.

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  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare “Morosini”. Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.

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