La luce che ha in pugno la vittoria finale: il Natale secondo Ratzinger

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore – Sarà pur vero, come ha “rivelato” agli stupefatti alunni di una quinta elementare di una scuola nello Hampshire quel mattacchione del reverendo anglicano Paul Chamberlain, che Babbo Natale non esiste, se pensiamo a una persona in carne e ossa. E’ però esistito, eccome, il personaggio da cui ha preso il nome. Parliamo di san Nicola di Myra, antica città dell’odierna Turchia, più noto come san Nicola di Bari per il fatto che le reliquie del santo furono traslate a Bari da alcuni pescatori. Anche il nome Santa Klaus, il più diffuso a livello planetario, deriva dall’olandese Sinterklaas che a sua volta altro non è se non la deformazione di Sankt Nikolaus, cioè il nome sassone del santo. Non solo. La stessa usanza di portare doni ai bambini deriva dalle gesta di san Nicola, e ha quindi origini cristiane. La tradizione secondo cui il canuto vegliardo, guidando le sue renne, gira per le case recando regali, è rintracciabile già nel canto XX del Purgatorio laddove Ugo Capeto evoca un esempio di generosità citando la “larghezza / che fece Niccolao a le pulzelle / per condurre ad onor la giovinezza”. Il riferimento è all’episodio in cui san Nicola dona a tre fanciulle, figlie di un padre caduto in miseria, tre borse piene di monete d’oro, introducendosi nottetempo nella loro fatiscente dimora. In questo modo, salva le ragazze dalla prostituzione, carriera cui il padre intendeva avviarle per riscattarle dalla povertà. Da questo preciso fatto nasce l’usanza del dono: un gesto cristiano, dunque, all’origine di una tradizione che sta lì a ricordarci una verità troppo spesso dimenticata, anche tra i cattolici, e cioè che prima della previdenza esiste la Provvidenza. Provvidenza e cura di Dio soprattutto verso i più bisognosi. Come lo sono i bambini, bisognosi in primo luogo dell’affetto e dell’amore dei loro genitori e, tramite loro, di Dio che i doni simboleggiano.

Luca Del Pozzo

Qui, invece, il senso del Natale per Joseph Ratzinger, anno 2015: “Quale epoca della storia dell’umanità ha, più della nostra, sperimentato una paura maggiore di fronte al proprio futuro? Forse l’uomo di oggi si accanisce così tanto nel presente solo perché non sopporta di guardare negli occhi il futuro: il solo pensarvi gli procura degli incubi. Non temiamo più che il sole possa essere sopraffatto dalle tenebre e non tornare; ma abbiamo paura del buio che proviene dagli uomini; scoprendo solo così quella vera oscurità che, in questo secolo di disumanità, abbiamo sperimentato più spaventosamente di quanto le generazioni che ci hanno preceduto avrebbero mai potuto immaginare. Abbiamo paura che il bene nel mondo divenga impotente, che non abbia più senso scegliere la verità, la purezza, la giustizia, l’amore, perché ormai nel mondo vale la legge di chi meglio sa farsi strada a gomitate, visto che il corso della storia sembra dare ragione a chi è senza scrupoli e brutale, non ai santi. (…) Il vero senso vero del Natale: è il ‘giorno di nascita della luce invitta’, il solstizio d’inverno della storia del mondo che, nell’andamento altalenante di questa nostra storia, ci dà la certezza che anche qui la luce non morirà, ma ha già in pugno la vittoria finale”. Auguri a tutti.


Al direttore – Abbiamo letto con interesse l’intervista a Gianfranco Fini (il Foglio, lunedì 23 dicembre), in cui l’ex presidente della Camera definisce “insinuazioni e volgarità insistite” i “servizi” che Striscia la notizia dedicò all’affaire Fini-Tulliani-Gaucci. Per l’ennesima volta, Gianfranco Fini si atteggia a vittima sostenendo cose false: non ci fu alcuna “insistenza” da parte del tg satirico di Antonio Ricci, dato che il video incriminato venne trasmesso in un’unica occasione. Inoltre, a “svelare” il caso non fu “Striscia la notizia”, ma, quattro giorni prima, il quotidiano la Repubblica, con un articolo di Filippo Ceccarelli. E il video, quello delle reciproche dichiarazioni d’amore al Castello di Torre Alfina tra Elisabetta Tulliani e l’imprenditore Luciano Gaucci, proprietario del Perugia Calcio e padre di un compagno di scuola della donna, era già stato pubblicato alcuni giorni prima sia dal sito di Repubblica sia da quello del Corriere della Sera e trasmesso in tv da “Blob” alle 20, cioè un’ora esatta prima che “Striscia” lo mandasse in onda. Altro che “volgarità insistite”: questa vicenda, e la sua strumentalizzazione da parte di Gianfranco Fini, è stata raccontata nel dettaglio da Antonio Ricci nel libro “Me Tapiro” (Mondadori, 2017), di cui le alleghiamo alcuni passaggi. Casomai, a “insinuare”, è proprio Fini quando sostiene di non credere all’autonomia di Antonio Ricci (“In quel periodo c’era un punto politico: l’obiettivo ero io e andavo colpito in qualsiasi modo”): da 37 anni “Striscia la notizia” fa satira in assoluta libertà e senza mandanti e tutte le forze politiche in campo sono da sempre oggetto delle sue battute, o, in caso di irregolarità e illegalità documentate, delle sue inchieste.

L’ufficio stampa di “Striscia la notizia”

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