A destra osservano con curiosità il presidente argentino, ma lo osservano come se fosse un profeta, una stella nel firmamento del pensiero conservatore, ma nessuno prova a replicare in Europa le sue politiche liberali
È il personaggio politico del momento. È stato l’ospite d’onore alla convention organizzata da Giorgia Meloni ad Atreju. È odiato dalla sinistra, rispettato dai liberali, osservato con curiosità dalla destra. È la star politica delle destre mondiali, dopo Donald Trump e dopo Giorgia Meloni, ed è uno dei primi leader di destra su cui Elon Musk ha messo su lo sguardo, capendone il potenziale. Tutti osservano con curiosità, a destra, Javier Milei, il presidente argentino, ma lo osservano come se fosse un profeta, una stella nel firmamento del pensiero conservatore, e lo osservano da lontano, anche quando lo coccolano da vicino, perché per un paese, per dire, come l’Italia seguire Milei non solo su quello che dice ma anche su quello che fa sarebbe più complicato che rilanciare, con un hashtag, il suo famoso Afuera.
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Significherebbe doversi fidare un po’ più del mercato, dando meno spazio allo stato. Significherebbe doversi fidare un po’ più della concorrenza, dando meno spazio alle corporazioni. Significherebbe stare con più chiarezza dalla parte dell’occidente, in Ucraina e in Israele, senza balbettare sulla difesa dei valori non negoziabili. Significherebbe giocare meno con la politica dei bonus e scommettere più sul merito, sulla riduzione delle tasse, sullo snellimento della macchina statale.
A parole, tutti con Milei, a destra, ma nei fatti, anche nella destra italiana, la motosega del presidente argentino resta un miraggio. Sicuri sia un bene?