Alessia Maurelli, la farfalla che non vola più

La capitana della Nazionale di ritmica smette dopo due medaglie olimpiche (bronzo), una a Tokyo e l’ultima a Parigi. “Ricorderò lo sport non con amarezza, ma con il sorriso”

Leggera come una farfalla, ma dalla tempra e volontà di una guerriera, soprattutto in pedana. Alessia Maurelli dopo 10 anni tra le fila della Nazionale di ritmica ha annunciato il ritiro. È tempo di lasciar cadere a terra nastro, clavette, cerchi e palle e di dare spazio a quello che verrà. “Ho sempre fatto questo nella vita e quello che mi aspetta è un po’ incerto, però non mi fa paura, è un buon punto di partenza”. Intanto, ultimerà gli studi con la laurea prevista tra un anno e organizzerà le nozze (la proposta di Massimo è arrivata praticamente in pedana ai Giochi di Parigi). C’è serenità nelle sue parole e consapevolezza della scelta fatta, dire basta non è mai semplice e soprattutto non è facile individuare un momento giusto. “Volevo smettere dopo Tokyo ma ho pensato che avessi ancora molto da dare, volevo regalarmi altri risultati ed esperienze, tutto quello che è venuto dopo è stato un qualcosa in più. Mi fa piacere quando le persone mi dicono che ho lasciato al top, perché ritirarsi dopo una medaglia olimpica è un grande onore. La mia decisione, a parte l’anagrafica (ha 28 anni, ndr), era già scritta, sapevo di essermi concessa tre anni in più”. Grazie alla ginnastica ritmica, al suo moto perpetuo e alla ricerca della perfezione è riuscita a realizzarsi ed esprimere il suo essere con un percorso iniziato a otto anni, quando è passata dall’artistica alla ritmica. “Mi ricordo la prova che ho fatto e l’odore della palestra, le parole della mia allenatrice Livia a Ferrara, lo ricordo bene”.

Non è stato tutto in discesa, anzi, poco prima di entrare in Nazionale aveva pensato di mollare lo sport, come ha confessato in una lettera in cui ha annunciato il ritiro. “Non lo sanno tutti, sono stata ‘scartata’ un paio di volte dalla selezione della squadra. Andavo a Desio e poi ero l’unica che non veniva chiamata, cosa non bella a livello psicologico. D’altra parte, c’era la mia vita che andava avanti con gli studi al liceo a Ferrara e la maturità, era già impegnativo. Le situazioni erano negative rispetto a quello che era il mio sogno e quello che stavo vivendo, mi ero data delle scadenze. La scadenza era giugno 2014, a fine gennaio, a caso, è arrivata la chiamata, per un ritiro improvviso di una ragazza. Da lì è stato tutto in discesa perché sono entrata in squadra con la fame di gareggiare e poi sono subito diventata titolare”. Ci sono stati altri momenti complessi in questi anni, con un periodo in cui non riusciva nemmeno a lanciare gli attrezzi, a farli fluttuare in aria per sprigionare il suo talento e la propria energia. “Nel 2018 ero completamente in burnout, psicologicamente stavo malissimo e avevo disimparato a lanciare gli attrezzi: questa cosa mi ha segnato, è stato molto pesante. Con un aiuto psicologico, con dei piccoli appigli, ho superato il momento. Negli anni, ogni tanto, è venuto fuori perché quando succedono queste cose non si nascondono e si cancellano da un giorno all’altro. Ho imparato a controllarle, a controllarmi e ad ascoltarmi”.

La ginnastica sa essere uno sport crudele, ogni minimo gesto va studiato al millimetro con un movimento sbagliato che può essere letale. “C’era la paura del fallimento, di non rendere conto a se stessi e una responsabilità più grande, perché scendere in pedana per l’Italia, da capitana, non è così facile: è come se avessi accumulato così tanto che poi, a un certo punto, la mia testa mi ha detto ‘rallenta e rallenta con i pensieri’. In questi momenti ti concentri di più su te stessa, sul tuo benessere e su cosa davvero ti rende felice. Il pensiero che mi ha guarita è stato quello di pensare che un giorno avrei voluto ricordare lo sport non con amarezza, ma con il sorriso”.

Alessia Maurelli in tutti questi anni è stata quella che, da capitana, ci ha messo la faccia, nei momenti belli e brutti. L’ha fatto con passione e con naturalezza: “Ho sempre cercato di trasmettere quello che è il mio carisma, qualcosa di innato. Tante volte ha aiutato la squadra, ma altre è stato un ostacolo perché ho un carattere forte, cosa importante per le mie compagne ma talvolta ho dovuto un po’ mettere da parte la mia personalità”. Maurelli lascia un gruppo dopo due medaglie olimpiche (bronzo), con quella di Tokyo che definisce la più sofferta e quella di Parigi che ha cercato di vivere senza pensare che avrebbe potuto essere la sua ultima gara: “La mia squadra ha sempre vissuto con leggerezza e quindi auguro questo, di non sentire nessun tipo di peso. La cosa più bella, oltre le medaglie, è quello che ti rimane, quello che lasci alle persone e a te stessa, la leggerezza del fare ciò che si ama”.

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