Il magistrato della procura di Firenze va in pensione, portandosi dietro il tracollo del caso Open e di tante altre inchieste terminate con l’archiviazione o l’assoluzione delle persone coinvolte. Una sequenza impietosa di flop di cui non sarà mai chiamato a rispondere
Sarà un Natale amaro per il pm di Firenze Luca Turco. Il 24 dicembre andrà in pensione, al compimento del settantesimo anno di età (di cui 31 passati proprio all’ufficio fiorentino), portandosi dietro il tracollo dell’ultima inchiesta da lui diretta per oltre cinque anni: quella sull’ex fondazione renziana Open, crollata giovedì con il proscioglimento di tutti gli undici imputati, a partire da Matteo Renzi. Un fallimento totale, del quale Turco non sarà mai chiamato a rispondere né sul piano della valutazione professionale né su quello disciplinare. Nell’agosto 2023 il Guardasigilli Carlo Nordio ha avviato un’azione disciplinare nei confronti di Turco e del suo collega Antonino Nastasi per comportamenti scorretti tenuti durante l’indagine Open. Con il pensionamento, non essendo Turco più magistrato, si interromperà ogni valutazione delle sue condotte.
Un flop, quello dell’inchiesta Open, non affatto isolato. La carriera di Turco è infatti stata costellata da inchieste giudiziarie, anche di alto profilo, finite con archiviazioni o assoluzioni dopo diversi anni, cioè dopo che la gogna mediatico-giudiziaria ha intanto dispiegato i suoi effetti distruttivi sulla vita delle persone coinvolte.
Ne è un esempio l’inchiesta per riciclaggio e truffa ai danni del sistema sanitario nazionale contro Lucia Aleotti e Alberto Giovanni Aleotti, patron di Menarini, avviata da Turco nel 2011 e terminata nel 2020 con l’assoluzione definitiva degli imputati.
Sempre Turco fece esplodere nel 2017 la maxi inchiesta sui presunti concorsi truccati in ambito universitario a carico di 44 professori e ricercatori di Diritto tributario di tutta Italia. Sette docenti finirono agli arresti domiciliari, altri 22 furono interdetti dall’insegnamento per un anno. Venne accusato persino l’ex ministro Augusto Fantozzi. L’indagine è durata ben sei anni. Per questioni di competenza territoriale è passata prima da Firenze a Pisa, infine a Venezia, dove è stata archiviata un anno fa.
Dopo questi risultati, Turco si è concentrato su Matteo Renzi, sulla sua famiglia e sulla sua cerchia di colleghi e amici. Il pm mette sotto indagine i genitori dell’ex premier, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, per bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. Agli inizi del 2019 Turco chiede e ottiene nei loro confronti persino gli arresti domiciliari. Nel 2022 vengono entrambi assolti in appello in uno dei filoni sulle false fatture. Alcuni mesi fa, invece, in un altro filone Tiziano Renzi e Laura Bovoli sono stati assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta (reato che permise l’applicazione dell’arresto) e condannati in primo grado per false fatture. Assolta anche Matilde Renzi, sorella del leader di Italia viva.
Nel novembre 2019 esplode invece il caso Open, con perquisizioni e sequestri in tutta Italia nei confronti degli ex vertici della fondazione, chiusa nel 2018, e di imprenditori che nel corso degli anni l’hanno finanziata. Vengono indagati Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, Luca Lotti, Alberto Bianchi e Marco Carrai (rispettivamente ex presidente e componente del consiglio direttivo di Open), e svariati imprenditori, tutti con l’accusa di finanziamento illecito ai partiti. A Lotti viene contestata anche la corruzione. Sappiamo com’è andata a finire: giovedì sono stati tutti prosciolti dalle accuse. L’indagine era stata già demolita in precedenza da una sentenza della Corte costituzionale e da ben cinque pronunce della Corte di cassazione, che avevano censurato il metodo usato dalla procura di Firenze nell’effettuare perquisizioni e sequestri (cioè il metodo dell’esplorazione o del setaccio: prima si sequestrano tutti i documenti e poi questi vengono studiati per ipotizzare il reato, anziché il contrario come prevederebbe la legge).
Turco si è occupato anche del cognato di Matteo Renzi, Andrea Conticini, indagandolo nel 2016 per riciclaggio, insieme ai fratelli Alessandro e Luca, con l’accusa infamante di aver sottratto circa 7 milioni di dollari destinati ai bambini in Africa. Dopo “otto anni di dolore e fango”, lo scorso giugno sono stati tutti assolti, paradossalmente con la richiesta favorevole di Turco, folgorato sulla via di Damasco a poche udienze dalla fine del processo.
Rimarrà nella storia anche l’indagine aperta da Turco a inizio 2020 nei confronti di Matteo Renzi con l’accusa di aver fatturato una prestazione inesistente: l’intervento a un convegno ad Abu Dhabi con leader come Nicolas Sarkozy, Tony Blair e David Cameron. Prestazione talmente inesistente da essere reperibile su YouTube.
Una sequenza impietosa di flop di cui Turco non sarà mai chiamato a rispondere.