L’integrazione dei migranti qualificati è la chiave contro il declino demografico. Politiche razionali come quelle di Canada e Svezia potrebbero ridurre lo squilibrio. La prima conferenza dedicata al tema dell’istituto in collaborazione con l’Unhcr
Si può discutere di immigrazione in modo non ideologico? Negli ultimi tempi ci stanno provando le istituzioni economiche, ad esempio Bankitalia e Confindustria, se non altro perché ci sono ormai dati consolidati che provano che la presenza di immigrazione qualificata è strettamente correlata alla crescita dell’occupazione nei paesi in crisi demografica.
Mediobanca, nella sua prima conferenza dedicata al tema che ha promosso ieri a Milano in collaborazione con l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, ha sostenuto che per l’Italia le politiche di integrazione rappresentano una strada obbligata, ma che occorre un approccio razionale. Un messaggio non proprio in linea con il governo Meloni e altri governi europei pressati dall’ascesa delle destre populiste. Nonostante, infatti, esistano argomentazioni a favore del ruolo economico dei migranti, il tema “resta politicamente molto divisivo anche all’interno dell’Unione. Ciò ne impedisce una gestione congiunta e coordinata”, ha osservato l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, ricordando come Bankitalia stimi che al 2040 in Italia potrebbero esserci 5,4 milioni di persone in meno tra i 15 e i 64 anni, ovvero in età lavorativa, con una conseguente discesa del pil. Del resto, è stata proprio la bassa crescita dell’economia italiana dell’ultimo ventennio ad animare il dibattito attorno alla valenza economica dell’immigrazione, ha detto in sintesi Nagel. La soluzione? Se l’Unione europea adottasse una combinazione delle politiche di integrazione di Svezia e Canada, riuscirebbe a conseguire al 2060 un netto miglioramento dello squilibrio demografico. In Italia, poi l’impatto di questo mix di politiche virtuose, sarebbe ancora maggiore visto che qui, contrariamente alla casistica internazionale, succede che all’aumento dell’1 per cento di migranti extra Ue nel mercato del lavoro è collegata una riduzione della produttività dello 0,5 per cento. Un’anomalia che, secondo Mediobanca, rivela proprio la gestione poco razionale delle politiche d’immigrazione.