Nel terzo trimestre la povertà è crollata al 38,9%: era al 44,8% quando si è insediato El loco. La vera “macelleria sociale” era l’iperinflazione, che il presidente libertario ha per ora sconfitto
“Macelleria sociale”, “ha mandato il 53% degli argentini sotto la soglia di povertà”, “i poveri sono sempre di più”. Nei giorni scorsi, nel descrivere il bilancio di un anno di governo di Javier Milei in Argentina, questi erano i giudizi più ricorrenti da parte di chi è pregiudizialmente o istintivamente contrario ai modi e alle idee del nuovo presidente libertario. I numeri, però, dicono l’esatto contrario. Dopo il primo anno di governo di Milei la povertà è diminuita: attualmente in Argentina il tasso di povertà è inferiore al livello di dicembre 2023, quando Milei si è insediato. Secondo le proiezioni del ministero del Capitale umano, elaborati insieme al Consiglio nazionale per le politiche sociali, nel terzo trimestre del 2024 la povertà è scesa al 38,9% (era al 44,8% nell’ultimo trimestre del 2023). Idem per l’indigenza: era al 13,8% alla fine del 2023 e adesso è scesa al 9,8%.
Il calo non è stato continuo. C’è stata prima una fase ascendente, dovuta all’esplosione dell’inflazione ereditata dal governo precedente e all’aggiustamento fiscale fatto da tagli incisivi alla spesa. In questa fase in i salari erano colpiti sia dall’inflazione elevatissima (25,5% nel mese di dicembre 2023) sia dalla recessione prodotta dalla stabilizzazione del bilancio, così nei primi mesi dell’anno la povertà ha subìto un’impennata: nel primo trimestre 2024 ha toccato il picco del 55% (con un 20% di indigenti). Da lì in poi è cominciata la fase discendente, dovuta alla rapida disinflazione e alla successiva ripresa economica. Così la povertà è scesa al 51% nel secondo trimestre 2024 e poi, più repentinamente, al 38,9% stimato per il terzo trimestre.
Non può ancora essere considerato un dato ufficiale perché l’Indec (l’istituto nazionale di statistica) pubblica le rilevazioni sulla povertà solo a livello semestrale. Ma si tratta di proiezioni attendibili perché effettuate con la stessa metodologia dell’Indec e sulla base degli stessi microdati: da un lato la variazione dei prezzi del paniere che misura la soglia di povertà, dall’altro la distribuzione dei redditi (a proposito, secondo l’Indec nel terzo trimestre anche la disuguaglianza dei redditi è in calo ed è tornata ai livelli del 2023). Ma c’è un altro elemento che rende credibili i dati diffusi dal governo Milei. Tante altre pubblicazioni indipendenti danno risultati analoghi.
Una delle proiezioni più attendibili è il Nowcast de pobreza, anch’esso basato sulla metodologia dell’Indec, prodotto dall’economista Martín González-Rozada dell’Università Torcuato di Tella. Anche secondo questa stima la povertà è in costante calo, con una media semestrale che è scesa dal 52,9% di gennaio-giugno al 40,5% di giugno-novembre. “L’incidenza prevista può essere suddivisa meccanicamente in una media ponderata del tasso di povertà… del 38,8% per il terzo trimestre del 2024”, scrive l’economista, quindi praticamente allineato al 38,9% previsto dal governo. A conclusioni analoghe arriva la stima dell’Observatorio de la deuda social dell’Università Cattolica Argentina (Uca), che monitora da decenni le condizioni socioeconomiche degli argentini: nel terzo trimestre 2024 la povertà è scesa al 38,9%, 12 punti percentuali in meno rispetto al trimestre precedente.
In pratica l’andamento della povertà è stato di una “V” capovolta, analogo a quello dell’inflazione e speculare a quello del pil. Sono principalmente due i fattori che spiegano questo fenomeno così repentino. Il primo è il piano shock per raggiungere il pareggio di bilancio, che ha ridotto fortemente l’inflazione (scesa dal 25,5% mensile al 2,4% a novembre) e ha riequilibrato la macroeconomia. In questo modo il governo Milei ha bloccato il principale driver della povertà (l’aumento incontrollato dei prezzi) e ha preparato il terreno alla ripresa economica: nel III trimestre il pil è cresciuto del 3,9%, recuperando la caduta dei due trimestri precedenti. In questo modo i salari sono cresciuti più dell’inflazione e la ripresa economica ha fatto aumentare l’occupazione.
L’altro fattore riguarda le politiche sociali adottate dal governo. Milei e il ministro dell’Economia Luis Caputo hanno usato la motosega, ma con una strategia. Prima la metà delle risorse destinate ai poveri veniva distribuita da intermediari, come sindacati, cooperative e altre organizzazioni sociali. Tutti questi programmi, inefficienti e fonte di corruzione, sono stati chiusi. Al contrario, sono stati fortemente incrementati i programmi che trasferiscono direttamente le risorse alla famiglie, come ad esempio il sussidio alimentare e l’assegno per i figli (che è stato aumentato del 107% in termini reali).
Ora la parte più complicata per il governo Milei sembra superata. Le previsioni per il 2025 sono molto positive: Jp Morgan e il Fmi stimano una crescita attorno al 5%. Ma ci sono ancora dei pezzi da completare, come l’unificazione del cambio e la rimozione del controllo dei capitali. Il governo è stato molto cauto su questo punto, perché teme un ritorno dell’inflazione, ma la soluzione potrebbe arrivare da un nuovo accordo con il Fmi, che dovrebbe concludersi entro il primo quadrimestre del 2025. Come ha dichiarato il Fmi, il dialogo è già in corso.