Le piattaforme online, per come funzionano, ricordano più Marx che Thatcher. Se ci sembrano di destra è perché la destra ha cambiato riferimenti, e forse non è più di destra
Non esistono social network di destra. È vero, in Parlamento Giorgia Meloni deve difendersi dalle accuse di sudditanza nei confronti di Elon Musk, il quale nel frattempo si mette in posa su X con Nigel Farage sotto un ritratto di Donald Trump, il quale a sua volta si è aperto un social network personale, in cui le persone che la pensano come lui possano liberamente scambiarsi opinioni tutte uguali. Più di destra di così, dirà qualcuno. È tuttavia la natura stessa dei social a contraddire l’identità intellettuale della destra: sui social non c’è vera gerarchia, non c’è nulla di aristocratico, non c’è tensione alla bellezza o alla ricchezza ma solo un egualitarismo a vanvera, un tribunale del popolo in convocazione permanente, una smania epuratrice in cui ciascuno cerca di dimostrarsi più virtuoso degli altri. È lo spirito della Rivoluzione francese, mischiato al bolscevismo, con un pizzico di sessantotto.
Del resto, l’etimologia di “social” è la stessa di “socialismo”, quindi si rifà a quella “essenza sociale” dell’uomo (“Kommunistische Wesen”) di cui parlava Marx. Il principio cardine della destra è invece la celebre e controversa frase di Margaret Thatcher: “There is no such thing as society”. E, se non esiste la società, figuriamoci se possono essere accettabili i social. Quindi, se sui social si scatenano i leader della destra mondiale, non è perché i social sono di destra. È perché la destra non è più di destra.