Nell’aula bunker Pagliarelli di Palermo prende il via l’udienza che vede il leader leghista accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. La decisione arriverà nel tardo pomeriggio. Rischia fino a 6 anni di carcere e più di un milione di euro di risarcimenti. Le parole del vicepremier: “Fiero di aver mantenuto le promesse fatte agli italiani”
“Sono assolutamente orgoglioso di quello che ho fatto, ho mantenuto le promesse fatte, ho contrastato le immigrazioni di massa e qualunque sia la sentenza, per me oggi è una bella giornata perché sono fiero di aver difeso il mio Paese. Rifarei tutto quello che ho fatto e entro in questa aula orgoglioso del mio lavoro”. Così il vicepremier Matteo Salvini, prima di entrare all’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo, dove oggi sarà emessa la sentenza del processo Open Arms che lo vede imputato con l’accusa di sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. Il leader della Lega rischia fino a 6 anni di reclusione per aver impedito per 19 giorni lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla ong spagnola Open Arms nell’agosto del 2019, quando ricopriva il ruolo di ministro dell’Interno nel governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte.
“La difesa di Matteo Salvini ha fornito nella memoria depositata una lettura non in linea con le risultanze probatorie”. Così i pm Marzia Sabella, Geri Ferrara e Giorgia Righi, che rappresentano l’accusa nel processo, nelle “brevi repliche” all’arringa difensiva dell’avvocata Giulia Bongiorno, legale di Salvini, risalente allo scorso 18 ottobre. Nella memoria difensiva si sostiene infatti “che l’autorizzazione allo sbarco dei minori” dalla nave spagnola Open Arms “non competeva al ministro ma alla prefettura” e questo “viene desunto da due esami testimoniali”. Tuttavia, “lo stesso prefetto di Agrigento di allora, Caputo, ha dichiarato in aula che l’autorizzazione allo sbarco provenisse dal ministro. Peccato che è lo stesso imputato a sostenere la competenza sui minori”, i quali, prosegue Sabella, “non erano più alla frontiera ma in acque nazionali quindi avevano diritto a sbarcare. Inoltre, si omette di dire che il Tribunale di Catania ha trattato la questione dei tempi dello sbarco dei minori e non del diritto”.
“Difendere l’Italia non è un reato e io non mollo, né ora né mai” ha commentato Salvini il 14 settembre scorso in un video diffuso sui social network, subito dopo che, al termine della requisitoria, la Procura ne ha chiesto la condanna: “Non si può invocare la difesa dei confini senza tenere conto della tutela della vita umana in mare”. Secondo l’accusa infatti “le posizioni e le scelte del ministro Matteo Salvini diedero luogo a un caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. A ritrovarsi in una condizione di estrema difficoltà fu la Guardia costiera che non poteva premere su un ministero da cui non dipendeva”. Per i tre pm, però, questo “non è un processo politico, bensì basato sugli atti amministrativi”.
Ieri sera, ancora sul traghetto diretto al capoluogo siciliano, Salvini ha annunciato in un una diretta sui social che “In caso di condanna ricorreremo in appello perché la riterrei una profonda ingiustizia e un danno non a me, ma al Paese”. Oltre al rischio del carcere, sul vicepremier grava anche quello del risarcimento da oltre un milione di euro richiesto da 27 parti civili costituite contro di lui, fra cui alcuni migranti a bordo, associazioni, ong e anche il comune di Barcellona. “Noi confidiamo sulla pronuncia del Tribunale, riteniamo che ci siano tutte le condizioni per affermare la responsabilità penale dell’allora ministro dell’Interno”. Così Arturo Salerni, legale di parte civile di Open Arms, sottolineando come siano “emerse anche le vicende terribili di chi è stato ostaggio sulla nave per tanti giorni in condizioni disumane, persone che venivano da realtà infernali nei loro percorsi migratori” e che “in Italia si sono ritrovati ad aspettare per quello che era un atto dovuto come prevedono le convenzioni internazionali e la legge italiana”.
“Avevo promesso di fermare l’immigrazione di massa e lo abbiamo fatto, abbiamo ridotto i morti in mare, abbiamo protetto gli italiani, abbiamo ridotto i reati, salvato vite, non mi aspetto una medaglia” ribadisce Salvini all’ingresso dell’aula, accompagnato da Giulia Bongiorno: “Qualunque sia la sentenza sono fiero di aver mantenuto le promesse fatte agli italiani e quindi entro in questa aula di tribunale fiducioso e orgoglioso”. Sono presenti tra il pubblico all’aula bunker anche il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon e l’ex europdeputata leghista Annalisa Tardino. I giudici, Roberto Murgia Presidente e Elisabetta Villa e Andrea Innocenti, si sono ritirati poco dopo le 11.30 di oggi in Camera di consiglio per emettere la sentenza, prevista “non prima delle 18”.
In attesa della sentenza, il ministro Salvini è andato a pranzo in un locale nel centro di Palermo, accompagnato dalla fidanzata Francesca Verdini, Valditara, Durigon e altri dirigenti del partito. Subito dopo ha fatto una passeggiata per le vie della città, raggiungendo a piedi piazza San Domenico, dove è situato il Pantheon che ospita le spoglie del giudice Giovanni Falcone. Successivamente è entrato in un centro commerciale, dove alcune commesse gli hanno chiesto di fare dei selfie.