Il regime di Teheran uccide e terrorizza, ma l’Ue si ostina a fare la voce dolce. Ora basta

Nonostante il potere in Iran sia dispotico e liberticida, fra impiccagioni giornalieri e attacchi fuori dai confini nazionali, la politica europea non ha mai realmente intrapreso una strategia ferma di deterrenza e prevenzione del terrorismo. Ma è tempo di uscire da questo limbo

Se si dovesse trovare un aggettivo alla politica occidentale, in particolare a quella europea, nei confronti dell’Iran, “accomodante” è quello più corretto. Non si è mai veramente squarciato il velo di ipocrisia. Il potere a Teheran è dispotico e liberticida, eppure sono ancora troppe le voci in Europa che alludono a un presunto progressismo iraniano. E proprio nei giorni in cui migliaia di siriani festeggiano la caduta del sanguinario regime di Assad, fedele alleato dell’Iran e della Russia, ed emergono gli orrori dei crimini commessi contro i dissidenti detenuti nelle terribili prigioni siriane, c’è chi presenta a Roma l’autobiografia dell’ayatollah Khamenei.



Guardiamo con oggettività i fatti. L’Iran, con il presidente “moderato” Pezeshkian è recordman di impiccagioni giornaliere, attraverso le sue braccia terroristiche è il regista dei sette fronti di guerra aperti contro Israele. Lunga, poi, la lista di atti terroristici compiuti fuori dai confini nazionali, dai tanti giornalisti occidentali rapiti, all’uccisione nel 1983 sotto le bombe di ben 299 peacekeeper americani e francesi durante la guerra in Libano; o ancora, gli assassinii mirati in tutta Europa di personalità ostili al regime, spesso compiuti sfruttando la copertura diplomatica delle ambasciate iraniane.


Eppure l’Ue, in tutto questo tempo, non ha mai realmente intrapreso una politica ferma di deterrenza, contenimento, prevenzione del terrorismo e delle guerre promosse da Teheran. Lo spiega nel dettaglio il rapporto “Europe’s failed policy towards Iran”, dell’International Committee in Search of Justice, presentato giorni fa in Senato con Alejo Vidal-Quadras, già vicepresidente del Parlamento europeo che nel novembre 2023 è miracolosamente sopravvissuto a un attentato a opera del regime. Perché, ad esempio, nonostante il voto favorevole del Parlamento europeo il corpo delle Guardie della rivoluzione – forza alle dirette dipendenze della Guida Suprema che controlla la quasi totalità del sistema economico, politico, militare del paese – non è ancora stato inserito nella lista Ue delle organizzazioni terroristiche? Perché non si sostengono sanzioni più dure per isolare il regime?



L’atroce dubbio che sorge è che anche la scelta politica europea di portare avanti per decenni una strategia di appeasement nei confronti dell’Iran sia stata una ulteriore condizione che ha incentivato il dramma del 7 ottobre 2023. Del resto, l’Iran per molti anni, per nulla o solo parzialmente ostacolato, ha alimentato la convinzione di poter dettare legge e di godere di una sorta di immunità nella regione.



Oggi, però, la grande piovra iraniana è più debole. Quanto accaduto in Siria ne è la dimostrazione. Proprio quando, grazie alle operazioni militari e strategiche di Israele, Hamas a Gaza è stato sconfitto e Hezbollah in Libano, privo di capacità operative, ha accettato il cessate il fuoco, ecco un altro focolaio che si è acceso. Sia questa una nuova occasione per l’Ue di scegliere, di uscire dal limbo.

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