Quel Cognetti da applausi, anche sull’ambiente

La fuga in montagna lo ha costretto a rifare radicalmente i conti con se stesso e con l’eterno conflitto che contrappone l’uomo alla natura che non si ricompone cedendo le armi, ma solo con l’assunzione della responsabilità che tocca alla nostra specie per il posto che abbiamo nel mondo

Mi intendo assai poco di problemi psicologici anche se tutti abbiamo amici o conoscenti che hanno attraversato spesso in silenzio i deserti della depressione. Ma nella bella intervista che Cognetti ha rilasciato a Repubblica a proposito della sua di depressione c’è qualche indizio che forse vale la pena di sottolineare. Bisogna avere sempre molto rispetto per i sentimenti e i dolori delle persone ma ciò che risulta abbastanza evidente è che la fuga di Cognetti in montagna anziché pacificarlo e liberarlo da delusioni amorose e politiche lo ha costretto a rifare radicalmente i conti con se stesso e con le idee depositate in anni di vita metropolitana. Un conto è osservare la montagna attraverso la lente di una cinepresa un altro è viverla dall’interno. E la montagna anziché consolarlo ha cambiato radicalmente la sua prospettiva. Chi si attendeva una scontata denuncia di mali e speculazioni trova invece riflessioni ponderate. “E’ successo che i mei occhi hanno mutato sguardo. Per me un bosco è tornato solo un bosco, un torrente solo un torrente, perfino un albero non mi ha detto più niente”.

E mentre l’intervistatore lo incalza sul cambiamento climatico la risposta delude le attese. “Mi irrita chi si rifugia nella nostalgia. La vita è trasformazione: anche l’irresponsabilità delle azioni umane fa parte del cambiamento. Io denuncio e lotto sapendo però di dovere accettare le evoluzioni che anche per colpa nostra ci segnano”. E il rispetto della natura? “Gli ettari di foresta sono passati da 8 a 12 milioni, gli animali selvatici si moltiplicano e se da ambientalista di Milano sono contrario all’uccisione di lupi ed orsi da montanaro valdostano capisco la rabbia di pastori e malgari. Il numero dei carnivori va contenuto”. Pudica espressioni per non dire che vanno abbattuti per impedire che “pascoli e alpeggi rischino di scomparire”.

Nemmeno il tentativo di fargli dire una parola contro gli impianti di risalita va in porto. “Sopra i duemila lo sci resterà remunerativo”. Insomma sui temi ambientali il Cognetti che ha abbandonato i circoli anarchici di Milano è stato costretto dalla sua amata montagna a rifare i conti con l’eterno conflitto che contrappone l’uomo alla natura che non si ricompone cedendo le armi, ma solo con l’assunzione della responsabilità che tocca alla nostra specie per il posto che abbiamo nel mondo. Forse a Cognetti il suo viaggio attraverso la depressione è servito anche a questo. A fare pace con se stesso, riconciliando il cittadino milanese con il montanaro valdostano e trasmigrando in una nuova personalità. Sarà interessante vederne i futuri sviluppi.

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