L’omicidio di Kirillov rimanda in tilt il dibattito sulla legittima difesa di Kyiv

Arrestato un cittadino uzbeko che dice di aver preso 100 mila dollari e la possibilità di vivere in Europa dai servizi ucraini per uccidere il generale russo. Medvedev minaccia chi sostiene che l’omicidio mirato sia un’azione legittima di chi si difende da una minaccia esistenziale

I russi trovano sempre un colpevole in breve tempo, è il loro modo per nascondere il fatto di essere stati colpiti e, nel caso di questi giorni, per evitare che si parli troppo delle ragioni per cui gli ucraini colpiscono un generale russo a Mosca – una guerra ingiustificata scatenata dal Cremlino contro l’Ucraina e che dura da quasi tre anni. Ieri mattina l’agenzia di stampa Tass, citando fonti dell’Fsb, ha fatto sapere che un cittadino uzbeko di 29 anni è stato arrestato con l’accusa di aver messo la bomba che martedì ha ucciso Igor Kirillov su mandato dei servizi segreti ucraini. L’uomo è stato preso nella periferia di Mosca, e ha confessato di essere stato arruolato dagli ucraini con un compenso di 100 mila dollari. Il sito Baza news ha pubblicato il video in cui l’uomo ricostruisce l’operazione.

La veridicità di questo filmato non è stata verificata né si conoscono le condizioni in cui è stato girato, il ventinovenne è in un camioncino, ha su un cappotto e ricostruisce quel che ha fatto: è andato a Mosca, ha comprato un monopattino, ha ricevuto mesi dopo l’acquisto un ordigno esplosivo e il tritolo, lo ha messo nel monopattino, lo ha parcheggiato fuori dal palazzo in cui viveva il generale Kirillov e ha messo una telecamera di sorveglianza dentro a un’auto noleggiata da cui gli organizzatori dell’operazione – di base nella città ucraina di Dnipro, dice l’uomo – controllavano gli spostamenti. L’uzbeko ha fatto poi detonare l’ordigno da remoto in cambio dei soldi e della possibilità di andare a vivere in un paese europeo.

Kirillov, che supervisionava l’arsenale chimico della Russia e avvelenava il dibattito pubblico con una grande quantità di disinformazione relativa in particolare ai virus e alle guerre biologiche, è il generale più alto in grado a essere stato ucciso fuori dal campo di battaglia. La reazione di Mosca è stata immediata e minacciosa e i russi hanno intenzione di portare il caso al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che si riunisce venerdì. L’ex presidente Dmitri Medvedev, che è diventato uno degli esponenti del Cremlino più aggressivi (c’era un tempo, in questo stesso secolo, in cui era considerato un moderato), ha detto che tutti quelli che hanno partecipato a questa operazione saranno puniti e che la stessa sorte toccherà a chi considera questo omicidio mirato un’azione di legittima difesa. In particolare Medvedev se l’è presa con il quotidiano britannico Times, che ha definito l’uccisione di Kirillov “un atto di legittima difesa da parte di una nazione minacciata”: “State attenti – ha scritto Medvedev su Telegram – Possono succedere molte cose a Londra”. Sono già successe: basti ricordare l’avvelenamento con il polonio di Aleksandr Litvinenko, ex agente dei servizi russi morto nel 2006, la morte mai chiarita dell’oligarca Boris Berezovsky nel 2013, l’avvelenamento con il novichok di un altro ex agente russo, Sergei Skripal nel 2018. E questo accadeva in tempi di pace, o almeno: in tempi in cui l’occidente credeva di essere in pace con Putin.

La prepotenza russa di fronte al suo generale ucciso a Mosca è ancora più pretestuosa se si pensa a tutti i tentativi di omicidio dei leader ucraini che il Cremlino ha cercato di portare a termine, a partire dal presidente Volodymyr Zelensky passando dal capo dell’intelligence Kyrylo Budanov e molti altri. Secondo Putin – e secondo i putiniani – queste azioni fanno parte della guerra, così come le bombe indiscriminate, le torture, le deportazioni, l’occupazione, e come spesso accade fa più scandalo la legittima difesa degli aggrediti rispetto all’attacco illegittimo degli aggressori. Vale per tutto, non soltanto per gli omicidi mirati: pensiamo a quanti articoli e titoli sono stati dedicati all’utilizzo delle armi occidentali fornite all’Ucraina in territorio russo e a quanto siano ormai considerati “parte della guerra” l’utilizzo dei droni di produzione iraniana e la presenza di soldati nordcoreani a sostegno dell’esercito russo. Se si parla di truppe occidentali in Ucraina partono immediatamente le accuse ai guerrafondai russofobi, ma intanto i soldati di un alleato straniero che combattono sul campo sono quelli della Corea del nord. Così come se il segretario generale della Nato, Mark Rutte, parla di “mentalità di guerra”, riferendosi alla necessità dell’occidente di sentirsi sotto attacco della Russia, viene descritto come un isterico guerrafondaio, pure se Putin non soltanto ha una mentalità di guerra da molto tempo, ma ha pure un’economia e un’industria di guerra. Il Cremlino reagisce in modo minaccioso alle operazioni mirate non soltanto perché mostrano delle falle nel loro sistema di sicurezza, ma anche perché portano la guerra in casa, e così diventa più difficile da nascondere ai russi.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

Leave a comment

Your email address will not be published.