Il piccolo arcipelago dell’Oceano indiano è stato devastato dal ciclone tropicale Chido. Tutti i partiti francesi hanno sospeso per alcune ore la campagna politica per rispetto degli abitanti, tranne la France insoumise di Jean-Luc Mélenchon che ha attaccare il presidente
Le immagini che da giorni arrivano da Mayotte, piccolo arcipelago dell’Oceano indiano e dipartimento d’oltremare francese, sono terribili. Il ciclone tropicale Chido, abbattutosi sull’arcipelago sabato scorso, ha provocato morte e devastazione. Molti villaggi, costruiti con semplici baracche di legno e lamiera e abitati da un terzo della popolazione, sono stati rasi al suolo. La Francia ha organizzato un ponte aereo e marittimo dall’isola francese della Réunion, a 1.400 chilometri di distanza, ma le operazioni di soccorso, in ragione dell’entità della catastrofe, sono complesse. Il timore, ha detto il sindaco della capitale Mamoudzou, Ambdilwahedou Soumaila, è quello di trovare numerosi corpi senza vita tra le macerie delle baraccopoli. Il ministro dell’Interno francese, Bruno Retailleau, arrivato martedì a Mamoudzou, ha detto che ci vorranno diversi giorni per stabilire un numero più preciso delle vittime. Che sarebbero centinaia, se non addirittura migliaia. E oggi a Mayotte atterrerà anche il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. Nell’aereo presidenziale ci saranno soccorritori e quattro tonnellate di aiuti alimentari e materiale sanitario. L’inquilino dell’Eliseo si recherà in un ospedale per incontrare medici e pazienti, ma anche in uno dei quartieri distrutti.
Il ciclone ha colpito un territorio già minato da innumerevoli problemi: dall’immigrazione illegale dalle Comore all’alto tasso di criminalità, con tre quarti della popolazione che vive sotto la soglia di povertà e un reddito medio annuo di circa tremila euro. Messaggi di solidarietà e vicinanza sono arrivati da ogni famiglia politica, tutti hanno sospeso per alcune ore la campagna politica per rispetto degli abitanti di Mayotte, il dipartimento più povero di Francia. O meglio quasi tutti. Perché la France insoumise (Lfi), il partito della sinistra radicale di Jean-Luc Mélenchon, ha cercato di usare la tragedia di Mayotte per attaccare Macron. Il leader della gauche giacobina, in un messaggio su X pubblicato poche ore dopo il passaggio del ciclone, ha definito il governo “sprezzante e incompetente”, accusandolo di essere indirettamente complice del disastro. “L’esecutivo, impegnato con il proprio ombelico, non ha pianificato né organizzato nulla”, ha scritto Mélenchon.
Il problema è che un anno fa era stata proprio Lfi a osteggiare l’operazione Wuambushu, lanciata dall’allora ministro dell’Interno Gérald Darmanin, per distruggere le bidonville, espellere gli stranieri in situazione irregolare (in gran parte comoriani), e lottare contro la criminalità, proteggendo così gli abitanti locali. “Una caccia ai poveri”, la definì all’epoca l’ex Lfi, Clémentine Autain. A mettere in riga i mélenchonisti ci ha pensato Estelle Youssouffa, deputata dei centristi di Liot a Mayotte. “Lfi era contro Wuambushu che voleva la distruzione delle bidonville per proteggere gli abitanti. Quelle stesse baraccopoli sono ora diventate cimiteri a cielo aperto. Ma all’epoca Lfi si è opposta a questa operazione che avrebbe potuto mettere tutti al sicuro”, ha attaccato su Cnews la deputata Liot. A inizio 2024, la France insoumise ha inoltre depositato un emendamento volto a cancellare un articolo della legge Elan del 2011 che permette di espellere da Mayotte, con una decisione amministrativa, gli abitanti di alloggi “auto-costruiti”. Ossia dei ripari di fortuna che il ciclone Chido ha travolto durante il suo passaggio.