Presentato il piano di Stellantis che rinuncia agli aiuti pubblici. Due miliardi di investimenti, tutela dell’occupazione. La promessa: “Non lasciamo l’Italia”. Giorgetti all’Anfia: “Spendete le risorse, investite”.
L’auto è tornata dolce, in vita. Meloni firma la pace di via Veneto, la strada di Fellini, con John Elkann, e la sua Stellantis promette: “Gli stabilimenti italiani rimarranno tutti attivi, tuteleremo gli occupati”. Investono miliardi, non fuggono. La sorpresa: rinunciano agli aiuti pubblici che vanno all’indotto. Al tavolo, al Mimit, siede il francese-campano, ueueue, Jean- Philippe Imparato, per conto di John (adesso non esclude di presentarsi in Parlamento) e Urso è padrone di casa. Giorgetti arriva in Alfa Stelvio. Da Palazzo Chigi corre il capo di gabinetto della premier, Gaetano Caputi. Sembra di stare sulla (nuova) Topolino amaranto di Paolo Conte con Meloni che canta: “Dai! Sedetemi accanto, che adesso si va”.
Elkann ha imparato e Meloni ha cambiato tono con lui. Oltre sessanta giornalisti accreditati: crucchi, testate finanziarie straniere (sono arronzoni come noi e scrivono corbellerie come noi, ma con il color salmone). E’ un ingorgo. Palazzo Piacentini, la sede del tavolo, qui a via Veneto, al ministero, è centro del mondo, le stanze color castagna, buie come il monastero della monaca di Monza, sono illuminate no stop. Urso, agitato, non smette di dire al suo portavoce, Giuseppe Stamegna (chiamato per la pazienza Stoicamegna) di spiegare a noi, cronisti allumacati, che questo è “un tavolo inseguito da due anni, due anni”. Ha la bottiglia invecchiata in cantina e speriamo non sia diventata aceto dall’attesa. Alle 14, al tavolo si siedono i ministri Urso, Giorgetti, Calderone, e i governatori di Piemonte, Abruzzo, Lazio, Campania, Basilicata, Molise, Emilia (c’è l’assessore Colla). L’aria è d’intesa, di fotografia felice. Gli uomini di Meloni ripetono al telefono: “Ma sai che Elkann non è poi così male?”. Quelli di Urso: “Fate una carezza a Urso. Ha lavorato come un matto per questo tavolo. Poi è ovvio che la telefonata Meloni-Elkann ha cambiato tutto. Si sono capiti”. I partecipanti al tavolo (la sala è così maestosa, meglio dell’Onu) ci raccontano il “siparietto”. Urso dice a Imparato, il rappresentante di Stellantis per l’Europa: “Ecco, il governo mette a disposizione oltre un miliardo di sostegni per l’automotive. Se permettete ora passo la parola al ministro Giorgetti che raddoppia”. Giorgetti, che è spilorcino, perché non ha spiccioli in cassa, risponde: “Io preferisco il programma Lascia, e poi Raddoppia”. I governatori studiano Imparato, francioso, mezzo italiano (ha parenti campani) e dicono che ci sa fare. Ci tiene a dire per conto di Elkann: “Non chiediamo aiuti pubblici”. Imparato inizia a far grandinare cifre e modelli. Dunque: a Pomigliano si produce la nuova Fiat Pandina e l’Alfa Tonale, ma soprattutto viene impiantata la nuova piattaforma Small che deve fare da base per i prossimi modelli compatti; a Melfi, si va di Jeep; a Modena, la scommessa è l’alta gamma con una Supersportiva e una nuova spider; ad Atessa, si assemblano i Fiat Ducato e i Peugeot Boxer; a Cassino, sarà Alfa Stelvio, Giulia, ibride oltre che elettriche. E’ vero che Elkann non è mai stato capace di farsi amare, troppo magliette sbagliate, ma provateci voi con quel nonno che si porta dietro, quel maestro d’eleganza. Grazie al suo francioso, fa sapere che nel “2025 investiremo 2 miliardi” e “che sarà fondamentale avere la Gigafactory di Termoli”. Da Stellantis hanno preparato anche una bella mappa a disposizione dei quotidiani, siti e modelli, per mostrare che loro l’Italia la conoscono, la amano. Poi, certo, dato che non sono fessi, e che un giorno vanno a Parigi, da Macron, un altro prendono lo spritz con Milei, motosega (alloggiava a via Veneto, all’hotel Ambasciatori) fanno capire a Giorgetti e Urso che la competitività del sistema Itatalia è l’elefante nella stanza, che le regole si fanno in Europa e che “cari, ministri, è lì che ve la dovete giocare, in Europa, provateci”. Dopo due anni e mezzo di pizzini (Elkann si chiedeva: ma perché Meloni non ci riceve? Meloni pensava: aho, a quanti sordi ve sete magnati?) Stellantis spiega al governo: ci stiamo provando, stiamo tenendo attivi tutti i siti, tutelando i livelli occupazionali. Guardate che altrove licenziano! Noi, qui, no! Il governo di Meloni e di Fazzolari (siamo tutti Fazzi di te!) confessa che così va meglio e che non è più il caso di usare le tenaglie, il torchio della tortura contro Elkann. La novità: è pronto a presentarsi in Parlamento, illustrare il piano, e lo fa sapere Urso. Non prendetelo in giro, solo per questa volta. Urso è rinato. Arriva in sala, con il sorriso di chi ha vinto il Nobel della Matematica: “E’ una giornata importante. Abbiamo aperto la breccia in Europa”. Non lo tengono più dall’euforia. Continua, esagerato: “Noi italiani con Giorgia Meloni stiamo cambiando la politica industriale secondo il report di Mario Draghi. Siamo noi che abbiamo svegliato l’Europa”. Bum! Poi, torna umile: “Dobbiamo dirlo, purtroppo si venderanno in futuro meno auto, ma con Stellantis gestiremo la transizione senza traumi”. Imparato, tosto, tosto, a chi gli chiede ma quanto automobili venderete, replica: “Dipende da prodotto, motori e mercato. Oggi noi abbiamo messo prodotto e motori. Non è un piano di difesa ma di sviluppo per ciascuna fabbrica”. Cosa resta da fare? Tutto. Rendere accattivante l’automobile, spendere le risorse destinate (e non spese). Giorgetti (che al tavolo ricorda: “Nel 2021 solo, io, alla Cop di Glascow ho votato contro l’elettrico e e in Italia, mi guardarono tutti male”) rivolgendosi all’Anfia (l’Associazione nazionale della filiera automobilistica) lo dice dritto: “Io sono disposto a mettere i soldi sull’automotive, l’importante è che ci sia qualcuno che li chieda, che investa”. Sarà forse chiamata la pace di via Veneto. Elkann apre lo sportello, Meloni da oggi viaggia sulla Fiat Pandina.