Il partito di Meloni festeggia il presidente argentino. Ma intanto presenta una proposta di legge per la chiusura obbligatoria dei negozi nei festivi in contrasto con le sue ricette. Il senatore De Carlo: “Abbiamo più in comune la libertà che le liberalizzazioni”
Immaginate il presidente dell’Argentina Javier Milei, il nuovo paladino della destra italiana e in particolare di Fratelli d’Italia, che nel suo paese presenta la seguente proposta. La chiusura per legge di tutta una serie di esercizi commerciali in alcune festività: 1 gennaio, Pasqua, 1 maggio, Ferragosto, Natale e Santo Stefano. La prima reazione sarebbe: afuerà! E in effetti c’è ben poco di liberale, di “stato minimo”, nell’intenzione di regolamentare l’apertura degli esercizi commerciali nei giorni rossi sul calendario. Eppure ieri alla Camera proprio Fratelli d’Italia, che tanto durante Atreju ha apprezzato il messaggio di Milei, ha presentato proprio una proposta di legge per restringere le maglie delle aperture nei giorni di festa. E porre dei correttivi alle liberalizzazioni del Salva Italia introdotte nel 2011, all’epoca del governo Monti. “Una proposta di buon senso. Abbiamo una duplice ambizione”, ha spiegato il primo firmatario della proposta, il deputato vicentino di FdI Silvio Giovine. “Da una parte garantire a milioni di lavoratori di poter trascorrere le festività in pace. Dall’altra vogliamo porre attenzione sugli esercizi commerciali di vicinato, che più hanno patito le liberalizzazioni di Monti e che sono delle sentinelle dei nostri centri storici”.
Così per la generalità degli esercenti si dispone l’obbligo di tenere chiusa l’attività nelle sei date indicate, con però una serie di esclusioni che vanno dalle attività che somministrano alimenti e bevande, alle rivendite di generi di monopolio, fino alle strutture alberghiere e ai ristoranti, ai cinema. Esclusi dall’applicazione del nuovo regime ci sarebbero poi i balneari, che sono una delle costituency di riferimento del partito meloniano (e non solo). Fatto sta che all’articolo 2 della proposta di legge si prevede, per chi è destinatario della norme e non vi si uniforma, multe che vanno dai 2 mila ai 12 mila euro, con l’ulteriore addebito della chiusura da uno a dieci giorni “in caso di particolare gravità o di recidiva (violazione per due volte in un anno, anche in caso di oblazione)”. Come ha spiegato il presidente della commissione Lavoro alla Camera Walter Rizzetto, la proposta riprende il confronto con le associazioni di categoria. E risponde alla domanda che nel frattempo s’è alimentata nel nord-est tramite movimenti come quello di “Domenica no grazie”, che ha sempre spinto per le chiusure festive. “Si tratta di una proposta che punta a conciliare un mercato del lavoro che è profondamente cambiato e che ci vede sempre più alla ricerca di un equilibrio tra lavoro e tempo libero”. E a sostenere che la sensibilità, sul tema, sia condivisa all’interno del partito ci ha pensato l’europarlamentare veneta di FdI Elena Donazzan.
Ma come fa un partito che osanna Milei e le sue idee radicali a essere fautore di una proposta che va nella direzione opposta a quella dell’argentino? E cioè verso un restringimento delle maglie del mercato operato dallo stato? “Con Milei veniamo da mondi differenti. Credo che ci siano cose che ci uniscono, la filosofia di avere uno stato leggero che interviene solo laddove serve. Dopo di che la praticabilità di ciascun metodo da una parte e dall’altra dell’oceano è completamente diversa”, ha risposto alla curiosità del Foglio il senatore Luca De Carlo, presidente della commissione Attività produttive dell Senato. “Nelle due visioni c’è il pragmatismo non ideologico quale conditio per affrontare i problemi. Il messaggio di Milei è stato molto chiaro: libertà, non solo liberalizzazioni. Libertà dall’eccessiva ideologia, dai freni che hanno condizionato l’Argentina. La sua e la nostra non sono la stessa ricetta, ma magari si basano su principi abbastanza simili”, ha aggiunto il senatore. E quindi Milei sì, ma non tanto per le idee economiche, quelle meglio lasciarle perdere. Un po’ quello che ha sostenuto ieri la stessa premier Meloni intervenendo in Aula alla Camera: “Milei è un’interessante novità nel panorama argentino. Ha il profilo giusto per affrontare i problemi che ha il paese, ma non considererei mai quel modello replicabile da noi”. E quindi afuera, sì, ma non troppo.