Milei sarà anche bravo ma la motosega non si addice all’Italia

Con le tasse e con la spesa gli esperimenti sono difficili in paesi coordinati al resto del mondo. Anche se lo spettacolo argentino è pieno di insegnamenti potenziali, è da credere che il ministro Giorgetti si diverta a scherzare col fuoco senza farsi bruciare

Forse Keynes era un delinquente, come dice Milei l’argentino che disprezza lo stato da bravo anarcoliberista, ma non si vede come il ministro italiano Giorgetti, ragionevole demoleghista, possa mai tagliare l’enorme spesa pubblica con una motosega, affascinato come si mormora dal titolare della Casa Rosada, quello che ora malgrado i capelli arruffati il linguaggio psicoliberale e i cani clonati è divenuto beniamino del Fondo Monetario e dell’Economist. Milei taglia il peronismo, cioè le mani del sindacato corporativo e populista su uno stato che è vissuto di inflazione e corruzione sociale diffusa. Milei agisce nella solitudine argentina, il paese del complesso abbandonico, rintanato con le sue follie nella famosa fine del mondo, e si collega a un’epoca d’oro di fine Ottocento quando a Buenos Aires regnavano principi del liberalismo opulento. Milei non conosce vincoli sovranazionali, la società civile del suo paese è un flatus vocis ma molto chiassoso, hanno sempre preferito la lotta politica di strada tra fazioni plebiscitarie descamisade. Qui da noi è in ballo altra cosa, un assistenzialismo pervasivo, sistematico, strutturato, uno stato patrocinante e da sempre componibile, a prezzo talvolta di qualche salto mortale, con il funzionamento dei mercati in Europa, secondo l’esperienza. Esperienza idealizzata e radicalizzata a tal punto che si ritiene possibile, con un occhio al paradosso, che l’Esattore Capo, Ernesto Maria Ruffini, diventi un uomo del consenso fiscale, sia in grado di far rivivere il mantra sulla bellezza delle tasse del compianto ministro Tommaso Padoa-Schioppa, tartassare contribuenti e imprese per spendere sempre di più, ottenendo per giunta la loro adesione sociale, solidale, entusiastica. Mah. Andiamo in brodo di giuggiole per le contraddizioni in termini, Bossi fondò la Lega di Giorgetti per combattere l’estorsione fiscale ai danni del nord produttivo ma fece cadere il governo di cui era parte per la spesa pensionistica, allora esorbitante e anomala. In più siamo ricchi di vincoli esterni di ogni genere, non come Milei che può un giorno dire ai cinesi che sono comunisti mangiabambini e il giorno dopo sedersi a tavola con loro per esaminare le prospettive commerciali e la bilancia dei pagamenti.

Poi ci sono i contrappesi. La povera Liz Truss, il premier inglese scaduto come un’insalata dopo un mesetto appena di governo, voleva rompere le catene della Gran Bretagna con una gigantesca amnistia fiscale compensata però da sussidi pubblici rilevanti, tutto per la crescita e il recupero di produttività auspicato, ma la Banca d’Inghilterra in rappresentanza dell’establishment internazionale, di fronte alle fibrillazioni della sterlina e dei fondi pensione, ha provveduto a licenziare lei e il suo guru Kwasi Kwarteng in un batter d’occhio. Con le tasse e con la spesa gli esperimenti sono difficili in paesi coordinati al resto del mondo invece che abbandonati nella sua coda estrema, patagonica. Va benissimo flirtare con ciò che Milei rappresenta in effigie, registrare il fatto che con un’inflazione a tre cifre la cura al principio funzionicchia, gridare al miracolo neoliberista e anarchico, lo spettacolo è godibile e pieno di insegnamenti potenziali, ma è da credere che una persona cauta come il nostro ministro dell’Economia si diverta a scherzare col fuoco senza farsi bruciare dalla sua energia divoratrice. Noi siamo un paese in cui la motosega taglia la mano di chi la imbraccia.

  • Giuliano Ferrara
    Fondatore
  • “Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.

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