Non sono certo il solo a trovare insopportabile lo statalismo cattocomunista, erede evidente dello statalismo fascista, che sprizza da tutti i commi della famosa carta
Si avvisi il cattobenecomunista Ernesto Maria Ruffini, ieri Agenzia delle Entrate, domani chissà, che il suo partecipare “a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza” è quanto di più politico e perciò divisivo. Dividere è lecito, ci mancherebbe, ma è intellettualmente disonesto affermare di includere quando invece si esclude. Se mi metto a leggere la Costituzione non trovo un articolo che non mi respinga, che non mi divida dagli estensori e dai laudatori. E non è solo un problema mio di monarchico (sì, esistono anche i monarchici). Non sono certo il solo a trovare insopportabile lo statalismo cattocomunista, erede evidente dello statalismo fascista, che sprizza da tutti i commi della famosa carta. La critica liberale alla Costituzione risale almeno a don Sturzo che Ruffini, correligionario e corregionale, dovrebbe conoscere. E che dire dell’uguaglianza più di quanto dice un altro grande uomo di fede, il cardinale Sarah? “L’uguaglianza non è una creazione di Dio. L’egualitarismo è un’ideologia”. Insomma non escludo che Ruffini possa avere un futuro politico: anziché federare il centro potrebbe, con le idee che si ritrova, radunare i nemici della libertà. Sono milioni.