Va bene il dialogo, ma Fratelli d’Italia deve trovare delle sponde al di fuori di Atreju

Oltre all’esibizione pubblica in una manifestazione di questa volontà di confronto bisognerebbe realizzarne uno permanente con centri studi, istituzioni politico culturali, singole personalità che possono dare un contributo a irrobustire la linea di governo con idee e suggestioni

Arianna Meloni ha deciso di dare all’annuale festa giovanile di Fratelli d’Italia un profilo dialogante. Ha invitato vari esponenti delle forze politiche, non solo i centristi ma anche diversi esponenti del Pd, governatori regionali di centrosinistra. L’intenzione è apprezzabile, servirà forse anche a creare un clima in cui saranno stemperate le esasperazioni identitarie dei giovani di destra. Come operazione mediatica sembra azzeccata e questo fa intendere che ci sia una regia politica accorta. Tutto bene? Si, ma c’è il rischio che l’insistenza sul “dialogo” contribuisca ad offuscare il problema principale di FdI, che è quello di costruire rapporti di “contaminazione” con settori della politica, dell’economia e della cultura “non allineati”, ma che sarebbero necessari per dare al principale partito di governo un profilo che corrisponda, anche nella scelta degli uomini e delle donne da promuovere, alla scelta concretamente attuata di abbandonare gli eccessi che avevano caratterizzato la campagna elettorale per concentrarsi sulla gestione concreta e realistica del paese e dei suoi problemi.

Senza uno sforzo in questa direzione c’è il rischio di apparire come un partito che segue un doppio binario, e che per questo rischia di deludere, alla lunga, sia chi punta sulla sua conversione al realismo sia chi resta ancorato alle antiche “certezze” ormai di fatto abbandonate. Naturalmente anche il confronto con gli avversari ha i suoi pregi, dimostra una disponibilità a ascoltare le critiche che non è cosa da poco di questi tempi, ma ha un senso politico reale solo se è lo sfondo sul quale si lavora per un allargamento degli apporti a una lasse dirigente che altrimenti rimane piuttosto asfittica. Oltre all’esibizione pubblica in una manifestazione di questa volontà di confronto bisognerebbe realizzarne uno permanente con centri studi, istituzioni politico culturali, singole personalità che possono dare un contributo a irrobustire la linea di governo con idee e suggestioni che permettano di presentare prospettive e visioni che superino non solo per pragmatismo (comunque apprezzabile) le antiche esasperazioni identitarie ormai obsolete.

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